12 marzo 2019 16:31

Se la politica non va allo spettacolo, lo spettacolo va alla politica. Sulla figurina di Nicola Zingaretti è stata subito incollata quella del suo bravo fratello Luca, in veste naturalmente del commissario letterario-televisivo più famoso d’Italia. Così il segretario del Pd è diventato senza mediazioni il fratello carnale di Salvo Montalbano.

È un caso interessante, non riconducibile né a Reagan né a Schwarzenegger, quando balzarono dallo schermo alla politica. Qui si tratta piuttosto di un politico sul quale si proietta un’invenzione dello schermo. Ecco quindi che al tg di Sky un elettore delle primarie, all’intervistatrice che gli chiede: lei per chi ha votato, risponde: per Montalbano. E Gramellini disegna Zingaretti non in conversazione con Luca secondo la parlata di Roma, loro città natale, ma mentre dialoga con Salvo in siciliano. Che dire poi di Ragusa, tradizionale location montalbaniana, dove quasi tutti hanno votato il loro segretario come se fosse il loro commissario?

La nuova guida del Pd si ritrova insomma sulla scena politica saldamente imparentata a un popolare fantasma televisivo. E con questo sangue finto nelle vene vere, dovrà trafficare col Tav, col modello Minniti, con la ridistribuzione della ricchezza nella fin troppo reale Italia. Ma va bene. Di questi tempi, per i politici, meglio il consanguineo Montalbano che parenti meno edificanti.

Questo articolo è uscito nel numero 1297 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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