20 giugno 2019 13:51

Qui le donne sono il 50,4 per cento della popolazione, ma in parlamento sono solo il 32 per cento. D’altra parte possono votare dal 1971, e neppure in tutto il paese. L’uguaglianza tra uomini e donne è stata sancita dalla costituzione nel 1981. L’aborto è stato depenalizzato nel 2002. La maggioranza delle donne lavora: l’80 per cento. Ma più del 60 per cento ha contratti part-time, contro il 17,6 per cento dei maschi. Il congedo di maternità è stato introdotto nel 2005. I padri hanno diritto solo a un giorno di congedo di paternità (come per il trasloco). Quando una coppia fa un figlio, l’80,6 per cento delle madri si riduce l’orario di lavoro, contro l’11,4 per cento dei padri. Una donna su sette perde il posto dopo la maternità.

Le donne guadagnano in media il 19,6 per cento in meno dei maschi nel settore privato e il 16,7 per cento in meno nel settore pubblico. A parità di condizioni (formazione e anzianità) lo scarto salariale è dell’8 per cento. Il 15,8 per cento delle donne ha impieghi con salari bassi, contro il 6,6 dei maschi. In un rapporto di Amnesty international si calcola che il 59 per cento delle donne ha subìto molestie sessuali. Una donna su cinque è vittima di violenza domestica. Una su dieci è stata vittima di uno stupro nel corso della sua vita.

Siamo in Svizzera. E qui, per tutte queste ragioni, e altre riassunte in un manifesto di 19 punti, il 14 giugno centinaia di migliaia di donne hanno aderito a uno sciopero dal lavoro remunerato, domestico, di cura, dalla scuola e dal consumo. Ma in Svizzera lo sciopero è consentito solo a certe condizioni. E un rappresentante dell’Unione svizzera degli imprenditori, Marco Taddei, ha dichiarato all’agenzia di stampa France-Presse che si è trattato di uno sciopero “illecito”. “Quello che è illecito”, gli ha risposto la sindacalista Anne Fritz, “è la discriminazione salariale o le molestie sessuali sul posto di lavoro”.

Questo articolo è uscito sul numero 1312 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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