26 aprile 2021 15:59

Benjamin Labatut
Quando abbiamo smesso di capire il mondo
Adelphi, 180 pagine, 18 euro

Cileno nato a Rotterdam, Labatut è uno scrittore strano e intrigante in un’epoca di troppa scrittura, in genere “minimalista” anche quando crede di trattare argomenti fondamentali. Lui sì, che affronta alcuni nodi centrali della scienza del novecento: i rischi che le grandi invenzioni invece di portar bene portino male (in Blu di Prussia, la parte più diretta e atroce, si parla di cianuro, di gas e veleni nati per servire ad altro ma usati in due guerre mondiali, e di camere a gas; nelle altre parla del “buco nero” della fine, di quantistica, di Einstein, di de Broglie, di Heisenberg…), delle scoperte che ratificano ma non ammaestrano, e possono aprire al peggio invece che chiuderlo, e che a pensarci angosciano soprattutto chi qualcosa ne capisce.

Forse – vista la scarsità di scienziati che un tempo vedevamo amici solo se “esperti e rossi”, e vista l’assenza o debolezza oggi di chi, come Pierre Ceresole dopo la “grande guerra”, o Gandhi contro l’impero britannico, cercò nella solidarietà la strada per contrastare il potere e il suo uso della scienza e della tecnologia – la nostra forza è nel difenderci dalla scienza e dalla tecnica invece che approvarle? Labatut torna su strade certo non nuove ma ne apre altre, e sa come servirsi della letteratura per raccontare le cose che più meritano di essere esplorate, diffuse.

Questo articolo è uscito sul numero 1406 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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