05 luglio 2021 16:53

Georges Simenon
La mano
Adelphi, 72 pagine, 18 euro

In attesa, una volta placata la febbriciattola dello Strega, di nuove e poco sensate novità italiche, ecco l’abituale regalo adelphiano dell’estate, un Simenon dei più belli, anche se Simenon non tradisce mai. La qualità della scrittura è sempre alta, la concatenazione degli eventi banalmente perfetta, ma a colpire è soprattutto la tensione morale che regge le sue storie, con il piccolo o grande ammaestramento che il lettore ne può trarre, o che ne dovrebbe trarre.

Fedele al motto “capire, non giudicare”, stavolta il grande belga fa parlare un banale borghese di provincia che sa di essere responsabile della morte di un amico, che ha particolarmente detestato e invidiato in una sera di tempesta a un party tra ricchi provinciali perché lo ha visto fare di nascosto l’amore con la bella padrona di casa. Ha quello che a lui manca. E non lo ammazza, no, ma permette che muoia perché, quando l’uomo si perde nella bufera di neve, finge solo di cercarlo, non gli porta soccorso, come ben capisce sua moglie, che tutto accetta e su tutto tace anche se è proprio questo che il marito non le perdona.

Non c’è molto più di quello nel romanzo, che ci coinvolge, provocati nel profondo. Sì, Simenon non tradisce mai, con le sue storie di “uomini a nudo”, a volte criminali o che, semplicemente, stanno dentro la banalità del male, la miseria della creazione

Questo articolo è uscito sul numero 1416 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it