18 dicembre 2015 10:13

Abu Muhammad al Golani è un fanatico islamista, un tagliatore di teste (anche se moderato) e leader del Fronte al nusra, una filiale di Al Qaeda classificata dagli Stati Uniti come organizzazione terroristica. Ha trascorso quasi un decennio a uccidere le truppe d’occupazione statunitensi e i civili sciiti in Iraq quando faceva parte dell’organizzazione estremista sunnita nota oggi come Stato islamico (Is), prima di tornare in Siria nel 2011.

Era stato mandato in patria per creare un clone siriano di quello che allora era lo Stato islamico in Iraq agli ordini di Abu Baqr al Baghdadi, leader dell’Is e autoproclamato califfo di tutti i musulmani. Golani ha chiamato la sua organizzazione Fronte al nusra, e le cose gli sono andate così bene che ha finito per rompere con l’Is e mettersi in proprio nel 2013.

All’inizio del 2014 l’Is e il Fronte al nusra si sono contesi il territorio per tre mesi, in un conflitto costato la vita a circa tremila jihadisti. L’Is ha vinto e oggi controlla gran parte della Siria orientale (e tutto l’Iraq occidentale). Golani è riuscito a tenersi la Siria nordoccidentale, dove il Fronte al nusra e un’altra organizzazione islamista estremista, Ahrar al-Sham, oggi dominano una coalizione di ribelli che include anche varie formazioni “moderate” più piccole.

Per questi motivi uno non si aspetterebbe che Al Golani approvi un accordo di pace che preveda di mantenere al potere il regime di Bashar al Assad, formalmente laico ma in realtà dominato dagli alauiti. E infatti non lo approva: di recente, in una delle sue rare interviste, ha definito inaccettabile l’accordo di pace elaborato da Russia e Stati Uniti. Secondo lui si trattava di un complotto per unire le forze dei ribelli più moderati con quelle di Assad per combattere gruppi estremisti come l’Is e il Fronte al nusra.

I suoi sospetti sono fondati, eppure Al Golani potrebbe finire per accettare l’accordo, perché in realtà non prevede un trattato di pace definitivo ma solo di un cessate il fuoco che lascerebbe a tutti i gruppi armati il controllo dei territori che occupano. A parte l’Is, che a quel punto tutti gli altri potrebbero dedicarsi a combattere.

La Russia aveva in mente un cessate il fuoco che di fatto dividerebbe la Siria tra Assad e i vari gruppi ribelli

È questo tipo di ragionamento machiavellico che ha recentemente spinto il presidente russo Vladimir Putin ad accusare Washington di voler “dividere i terroristi in buoni e cattivi”, ma la Russia ragiona nello stesso modo. Quando l’aviazione russa ha cominciato a bombardare i ribelli siriani a settembre per salvare Assad dalla sconfitta, li ha bombardati tutti: il Fronte al nusra, il gruppo Stato islamico e perfino i “moderati”, per quanto fosse difficile trovarli.

Ma ben presto è risultato chiaro che quel che la Russia aveva in mente, dopo aver stabilizzato i diversi fronti di battaglia, era esattamente quello che temeva Al Golani: un cessate il fuoco che di fatto dividerebbe la Siria tra il regime di Assad e i vari gruppi ribelli, permettendo a tutti loro di mettersi contro l’Is.

Naturalmente non è possibile dire esplicitamente che il piano è questo, quindi si preferisce parlare di accordo di pace. È quanto hanno fatto il 15 dicembre a Mosca il ministro degli esteri russo Lavrov e il segretario di stato statunitense John Kerry. Il risultato è che probabilmente il 18 dicembre sarà approvata una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Uniti che appoggia il processo di pace in Siria.

Le attuali “trattative di pace” sono cominciate a Vienna il 23 ottobre. Vi hanno partecipato la Russia, gli Stati Uniti, la Turchia e l’Arabia Saudita, ma neanche un siriano. In seguito sono state allargate fino a includere una ventina di paesi, e attualmente gli organizzatori stanno decidendo quali gruppi siriani potranno partecipare alla prossima fase di trattative, che si svolgerà probabilmente all’inizio del 2016.

Da un lato, naturalmente, ci saranno i rappresentanti del governo siriano. Dall’altro ci saranno alcuni dei leader dell’opposizione armata, anche se non tutti. Ovviamente non ci sarà l’Is e neanche, stando alle sue dichiarazioni recenti, il Fronte al nusra. Dal momento che queste due formazioni sono le più potenti di quelle che lottano contro Assad, a che servono i negoziati?

Non sarebbe una soluzione perfetta, e neppure definitiva. Ma permetterebbe di frenare i massacri

In realtà lo stretto alleato del Fronte al nusra, Ahrar al Sham, si è presentato all’incontro della settimana scorsa a Riyadh, nel quale si doveva decidere quali gruppi avrebbero potuto partecipare alle trattative di pace. A un certo punto si è tirato fuori ma alla fine, dopo qualche ripensamento, ha aggiunto la propria firma alla dichiarazione congiunta.

Gli islamisti del Fronte al nusra e di Ahrar al Sham sono molto combattuti riguardo al cessate il fuoco. Da una parte questo lascerebbe Assad al potere. Dall’altro darebbe loro il tempo di consolidare il controllo sul territorio che occupano attualmente e forse anche di eliminare il loro rivale più pericoloso, lo Stato islamico. Per questo, alla fine, potrebbero anche accettare l’idea.

Non sarebbe una soluzione perfetta, e neppure definitiva. Ma permetterebbe di mettere un freno ai massacri, limiterebbe o addirittura eliminerebbe l’Is e potrebbe perfino permettere ad alcuni rifugiati di tornare a casa. Fondamentalmente si tratta di un’iniziativa russa, ma ora Mosca sta saggiamente lasciando che siano gli Stati Uniti a guidarla. Se qualcuno ha un’idea migliore è pregato di farsi avanti.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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