01 marzo 2016 09:12

Finora il cessate il fuoco voluto dalla Russia in Siria sta funzionando. La tregua entrata in vigore il 27 febbraio è stata rispettata, se si escludono piccole violazioni, su tutti i fronti principali. Il coordinatore delle attività umanitarie delle Nazioni Unite in Siria, Yacoub el Hillo, l’ha definita “la migliore opportunità che il popolo siriano ha avuto negli ultimi cinque anni per trovare pace e stabilità”.

Notate la scelta delle parole: non si parla di democrazia o riunificazione, ma solo di “pace e stabilità”. In effetti, la tregua è un grosso passo avanti verso la divisione della Siria. Ma la vecchia Siria non potrà mai essere resuscitata, e per la maggior parte dei siriani questa potrebbe essere la fine delle violenze – se la tregua si trasformerà in un cessate il fuoco permanente, il che è lungi dall’essere sicuro.

Evitare il crollo

Quando la Russia è intervenuta in Siria, solo cinque mesi fa (il 30 settembre), anche questo risultato insoddisfacente sembrava irraggiungibile. Le ipotesi più probabili erano il crollo del governo di Bashar al Assad e la conquista di tutta la Siria da parte degli estremisti islamici, oppure la continuazione di una guerra civile che aveva già ucciso trecentomila siriani e costretto metà degli abitanti del paese a lasciare le loro case.

L’effetto immediato dell’intervento russo è stato scongiurare l’ipotesi del crollo. Qualunque cosa fosse successa, l’aviazione russa sarebbe stata in grado d’impedire agli islamisti di ottenere una vittoria decisiva sull’esercito che li avrebbe portati ai confini di Libano e Giordania, e probabilmente oltre.

Ma i russi non avevano nessuna intenzione di impegnarsi in un intervento costoso e indefinito in una guerra di logoramento. Avevano bisogno di una exit strategy, e ce l’avevano. La strategia russa prevedeva di restituire al governo il controllo delle zone più popolose della Siria, interrompere il flusso di armi e volontari dalla Turchia alle aree controllate dagli oppositori di Assad e rompere l’alleanza tra ribelli islamisti e laici.

Era una chiara sfida alla strategia della coalizione guidata dagli Stati Uniti, che da due anni bombardava il gruppo Stato islamico (Is) ma non gli altri gruppi islamisti. La strategia degli Stati Uniti prevedeva di distruggere sia il regime di Assad sia l’Is senza fare affidamento su truppe di terra a parte quelle dei curdi siriani.

Resta da compiere solo l’ultima parte del piano: rompere l’alleanza tra ribelli islamisti e moderati

Era più un sogno che una strategia, e molti al dipartimento di stato e al Pentagono sapevano che avrebbe finito per consegnare la Siria agli islamisti. Queste persone si sono sentite segretamente sollevate quando la Russia è intervenuta per salvare il governo siriano, e sono riusciti a limitare le reazioni statunitensi a generiche espressioni di “preoccupazione” per il fatto che i russi stessero bombardando gli obiettivi sbagliati.

“Obiettivi sbagliati” o meno, il supporto dell’aviazione russa ha permesso all’esercito siriano di rimettersi in sesto e cacciare i ribelli dalle principali città della Siria. Il mese scorso, grazia a un’alleanza di fatto con i curdi siriani, l’esercito ha interrotto la principale linea di rifornimento dalla Turchia ai ribelli.

Resta da compiere solo l’ultima parte del piano: rompere l’alleanza tra ribelli islamisti e moderati. Per far questo è meglio ricorrere alla politica, negoziando un cessate il fuoco tra il governo e i ribelli che escluda gli islamisti. Questo tentativo è già cominciato, e quelli che il governo statunitense chiama “ribelli moderati” sembrano disposti ad accettare.

E hanno tutti i motivi per farlo, perché i “moderati” sono ormai meno di un quinto dei combattenti ribelli. Gli altri quattro quinti sono al servizio dell’Is o di altri gruppi estremisti come il Fronte al nusra e Ahrar al sham.

Dato che i “moderati” hanno accettato una tregua che agli islamisti non è stata nemmeno offerta, la divisione all’interno delle forze ribelli è ormai realtà. E dato che gli Stati Uniti hanno accettato questa nuova distinzione tra ribelli buoni e cattivi, l’ultima fase della strategia russa è compiuta: le grandi potenze sono tutte dalla stessa parte.

Se questa tregua temporanea diventerà un cessate il fuoco permanente, in Siria gli scontri e i bombardamenti saranno limitati ai territori controllati dallo Stato islamico, dal Fronte al nusra e da Ahrar al sham nel nordovest.

La principale minaccia a questa tregua è il fatto che il Fronte al nusra e Ahrar al sham si sono alleati con alcuni gruppi non islamisti formando una più ampia coalizione chiamata Jaysh al islam. I moderati non hanno una grande importanza al livello militare, ma in passato la loro presenza ha permesso agli Stati Uniti di sostenere che i russi stavano bombardando i ribelli sbagliati.

Se gli Stati Uniti saranno in grado di accettare la triste realtà che questa tregua permetterà ad Assad di mantenere il potere sul territorio che controlla attualmente (e che include circa due terzi della popolazione siriana), allora la guerra civile siriana potrà essere ridotta a una guerra di tutti quanti contro gli islamisti. E gli Stati Uniti e la Russia avrebbero anche la possibilità di ricostruire un rapporto più costruttivo.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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