08 agosto 2016 16:07

I cinque paesi più ignoranti del mondo sono il Messico (leader globale almeno in questo), l’India, il Brasile, il Perù e la Nuova Zelanda. E i cinque paesi più informati sono la Corea del Sud (fate un inchino), seguiti da Irlanda, Polonia, Cina e Stati Uniti. Ignoranti su cosa? Sulle proprie realtà.

Ogni anno l’istituto di sondaggi britannico Ipsos Mori conduce un’indagine sui Pericoli della percezione, chiedendo agli abitanti di numerosi paesi del mondo quali siano le loro convinzioni riguardo alla presenza di immigrati, di persone sovrappeso o di over 65 sul totale della popolazione nazionale e confrontando le risposte con i dati reali.

Mettendo insieme questi dati, Ipsos Mori stila il suo famoso indice dell’ignoranza. I livelli di ignoranza sono sorprendenti, eppure queste percezioni sbagliate possono giocare un ruolo importante nelle scelte politiche di un paese.

Immigrati e musulmani sono sovrastimati

Prendiamo per esempio l’immigrazione. In quasi tutti i paesi il numero di immigrati è sovrastimato, a volte con margini molto ampi. I cinesi per esempio sono convinti che l’11 per cento degli abitanti del loro paese siano immigrati. La cifra reale è dello 0,1 per cento, perciò le loro stime sono 110 volte superiori alla realtà (e oserei dire un po’ paranoiche). I brasiliani se la cavano altrettanto male: pensano che il 25 per cento della popolazione sia composta da immigrati, che in realtà sono solo lo 0,3 per cento.

Nella maggior parte dei paesi sono stati registrati risultati migliori di questi, ma nemmeno troppo. Gli statunitensi ritengono che il 32 per cento della popolazione del loro paese sia composta da immigrati, mentre la cifra reale è del 13 per cento. I giapponesi sono convinti che gli immigrati siano il 10 per cento, contro un dato reale del 2 per cento. E i polacchi hanno da poco eletto un governo nazionalista di destra soprattutto perché temono di essere invasi: sono convinti che gli immigrati siano il 14 per cento, ma in realtà sono meno dello 0,5 per cento.

Queste stime troppo alte sono probabilmente determinate in parte dalla paura del terrorismo

Lo stesso vale per il numero di musulmani che vivono in paesi storicamente non musulmani. La percentuale più alta è in Francia, dove è musulmano l’8 per cento della popolazione, sebbene secondo l’indagine i francesi siano convinti che si tratti del 31 per cento (e secondo Fox News addirittura del 50 per cento). Solo l’1 per cento degli statunitensi è musulmano, ma gli statunitensi ritengono che lo sia il 15 per cento della popolazione. In Canada i musulmani sono il 2 per cento, ma i canadesi sono convinti che siano il 20 per cento.

Queste stime troppo alte sono probabilmente determinate in parte dalla paura del terrorismo di matrice islamica, a sua volta determinata dal fascino che i mezzi d’informazione nutrono per l’argomento. È piuttosto sorprendente per esempio constatare come gli statunitensi percepiscano percentuali tre volte più alte se interrogati sugli immigrati che vivono nel paese, e addirittura quindici volte più alte se la domanda riguarda i musulmani.

Si potrebbe continuare all’infinito con esempi di quanto le persone possano sbagliarsi sulle cose. Gli indiani (quelli coinvolti nei sondaggi via internet, che vivono nelle città e hanno un livello di istruzione alto) ritengono che un terzo della popolazione del paese non sia religioso. Il dato vero, però, riguarda meno dell’1 per cento della popolazione.

Le persone non credono a ciò che vedono con i loro occhi, ma a quello che dicono i mezzi d’informazione

I sauditi sono convinti che il 28 per cento della popolazione sia sovrappeso o obeso, una percentuale che in realtà è del 71 per cento (la proporzione più alta dei 35 paesi presi in esame dal sondaggio). È molto più interessante, però, chiedersi quanto queste percezioni errate influenzino la politica e i programmi del governo.

Forse non molto se parliamo di religione o obesità, oppure della popolazione che ha più di 65 anni (una percentuale sovrastimata in tutti i paesi presi in esame dal sondaggio). È tuttavia piuttosto evidente come una stima in eccesso del numero di immigrati nel Regno Unito, diffusa e condivisa, abbia contribuito alla vittoria del fronte favorevole alla Brexit in occasione del referendum di giugno sulla permanenza del paese nell’Unione europea.

La vittoria della Brexit e il successo di Trump

L’ignoranza, spesso, riceve grossi aiuti. La popolazione di Londra, per esempio, è formata per più di un terzo da persone di origine straniera, quasi il 37 per cento. Gli abitanti di Londra però accettano con serenità questa realtà e hanno votato in larga misura per rimanere nell’Unione europea. In realtà tutte le grandi città britanniche hanno votato a favore della permanenza. Nelle aree periferiche e rurali dell’Inghilterra, dove gli immigrati sono rari o del tutto assenti, le persone erano talmente spaventate dall’immigrazione da votare in maniera altrettanto convinta a favore dell’uscita dall’Unione europea.

Non si è trattato di una coincidenza. Per molti anni una larga parte dei mezzi d’informazione britannici, compresi i tre quotidiani del mattino più diffusi del paese, cioè il Sun, il Daily Mail e il Telegraph, hanno costantemente esagerato la portata dell’immigrazione e dei problemi a essa legati. Perciò nelle aree del Regno Unito in cui gli immigrati sono pochi, le persone non credono a ciò che vedono con i loro occhi, ma a quello che dicono i mezzi d’informazione.

Lo stesso fenomeno ha avuto un ruolo molto importante nell’ascesa di Donald Trump negli Stati Uniti. Quando Trump dice di voler costruire un muro per impedire a orde di stupratori messicani di riversarsi oltre il confine meridionale degli Stati Uniti, o promette di vietare l’ingresso a qualsiasi immigrato musulmano nel paese, le convinzioni sbagliate degli statunitensi, favorite dai mezzi d’informazione, rendono le sue bugie più facili da credere.

Naturalmente si tratta della storia dell’uovo e della gallina. I mezzi d’informazione si limitano ad assecondare paure già esistenti o le creano? La risposta è: un po’ tutte e due le cose.

Nel secolo e mezzo trascorso dalla nascita dei mezzi d’informazione indipendenti (a cui adesso si aggiungono anche i social media), nessuno ha trovato una soluzione a questo problema. “Indipendenti” significa anche liberi di fare errori, liberi di distorcere i fatti e di dire vere e proprie bugie.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

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