27 dicembre 2016 15:25

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è molto, molto infastidito dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che, il 23 dicembre, ha condannato la creazione d’insediamenti ebraici illegali in tutta la Cisgiordania occupata e a Gerusalemme est.

Ha convocato e strigliato gli ambasciatori di tutti i paesi occidentali che hanno votato per la risoluzione: Regno Unito, Francia, Spagna, Nuova Zelanda. Ha sgridato perfino l’ambasciatore degli Stati Uniti, anche se Washington si è limitata ad astenersi nel corso del voto al Consiglio di sicurezza. Ma l’amministrazione Trump, che presto s’insedierà, ha promesso di condurre una guerra senza quartiere alla risoluzione, ha dichiarato Netanyahu.

La risoluzione non è altro che una serie di parole, naturalmente, ma si tratta di parole che dal 1979 non trovavano posto nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Gli Stati Uniti avevano infatti sempre usato il loro diritto di veto per bloccare qualsiasi risoluzione che le utilizzasse. Parole che si riferiscono agli insediamenti affermando che “non hanno validità legale” e costituiscono “un’evidente violazione del diritto internazionale e un importante ostacolo al raggiungimento della soluzione dei due stati”.

È la riaffermazione di una verità che un tempo era quasi universalmente accettata, perfino in Israele. Quando la vittoria israeliana nella guerra del 1967 aveva messo sotto il controllo d’Israele tutta l’area che era stata attribuita ai palestinesi dall’accordo di spartizione dell’Onu del 1948, la maggior parte dei cittadini israeliani vide la cosa come un’opportunità di pace. Israele otteneva una formidabile moneta di scambio: se gli arabi volevano recuperare i loro territori, avrebbero dovuto firmare dei trattati di pace con Israele, e probabilmente accettare di demilitarizzare quei territori nel quadro di tali accordi.

Netanyahu evita ogni reale trattativa con i palestinesi perché un accordo di pace significherebbe la fine del progetto di colonizzazione

Per una generazione d’israeliani vissuta nel terrore permanente ed esistenziale di perdere una guerra, sembrava un buon accordo. Ma anche allora una minoranza d’israeliani voleva tenersi per sempre i territori conquistati, ripopolandoli con coloni ebrei.

Alcuni di questi fautori dell’espansione erano spinti da motivi religiosi, altri da preoccupazioni legate alla sicurezza, ma capivano tutti che l’unico modo per evitare qualsiasi rinuncia a tali territori era riempirli di coloni ebrei.

Il movimento dei coloni cominciò lentamente. Quindici anni dopo la conquista c’erano appena centomila ebrei che vivevano nei Territori occupati, ma il loro numero era salito a duecentomila nel 1990, raddoppiando ulteriormente nel 2002 e giungendo a quattrocentomila. Oggi sono almeno seicentomila, addirittura 750mila secondo alcune stime.

Se il numero di coloni continuerà ad aumentare alla velocità attuale, nel 2030 il numero di israeliani nei Territori occupati potrebbe toccare il milione. A quel punto si presenterebbe all’orizzonte l’obiettivo di lungo periodo di avere un’area a maggioranza israeliana. Ed è questo, in realtà, l’oggetto dell’attuale scontro tra il presidente statunitense Barack Obama e Netanyahu.

Netanyahu evita ogni reale trattativa di pace con i palestinesi perché un accordo di pace, se raggiunto, significherebbe la fine del progetto di colonizzazione. Naturalmente non può dirlo apertamente, ma si tratta della posizione apertamente espressa dai dirigenti dei coloni, il cui sostegno è stato fondamentale per i vari governi di coalizione di Netanyahu.

È per questo che il premier israeliano deve continuare a mentire, il che manda su tutte le furie Obama. Nel 2011 l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy, in una conversazione fuori onda con Obama, disse a quest’ultimo: “Non lo sopporto (Netanyahu). È un bugiardo”. E Obama gli rispose: “Tu sei stanco? E io, che devo vedermela con lui ogni giorno?”.

La visione di Obama
Ma la decisione di Obama di astenersi nel corso del voto al Consiglio di sicurezza che condanna la politica di colonizzazione israeliana nei Territori occupati palestinesi non è stato solo un ultimo dispetto infantile verso Netanyahu. Obama ha una visione radicalmente diversa di ciò che è la sicurezza nel lungo periodo per Israele: una visione che condivide con la maggior parte degli osservatori esterni, ma con un numero sempre minore d’israeliani.

Lungo periodo non significa davvero lungo periodo. Non si può essere certi che gli stati arabi saranno sempre relativamente poveri e mal governati, né che Israele sarà sempre l’imbattibile superpotenza militare della regione. E quindi, per Obama e per altri non israeliani, la sicurezza a lungo termine d’Israele dipende ancora dalla capacità di ottenere una pace equa e duratura con i suoi vicini arabi, palestinesi compresi.

Gli insediamenti compromettono fatalmente le prospettive di un simile accordo. Per un numero crescente d’israeliani, la cosa è irrilevante, poiché hanno una visione fondamentalmente demoniaca degli arabi e non credono che sia possibile ottenere una pace duratura con essi. In questo caso, naturalmente, Israele potrebbe anche impossessarsi di tutta Gerusalemme est e della Cisgiordania.

Gli insediamenti ebraici sono effettivamente illegali ai sensi della quarta convenzione di Ginevra, e non esiste un singolo governo al di fuori d’Israele che li ritenga legittimi. Ma la recente risoluzione del Consiglio di sicurezza non avrà alcun effetto sulle politiche d’Israele e non produrrà gravi conseguenze per lo stato d’Israele.

Il presidente eletto Donald Trump bloccherà ogni altra risoluzione simile, tramite il veto statunitense, anche se è difficile pensare che possa vanificare quest’ultima. E dovremmo aspettare molto tempo prima di sapere se la prospettiva che definirà davvero il futuro d’Israele sarà quella di Netanyahu e Trump, oppure quella di Obama e di quasi tutti gli altri leader mondiali.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it