13 febbraio 2015 11:41

Da questa settimana il sito di Internazionale apre una sezione dedicata agli audiodocumentari. La sezione Audio nasce di fatto tre anni fa, quando ho cominciato a collaborare con il festival di Internazionale a Ferrara inserendo tra gli appuntamenti anche uno spazio per l’ascolto puro: la rassegna Mondoascolti, organizzata in collaborazione con l’associazione Audiodoc.

In questi anni abbiamo scoperto che l’ascolto ha un binario di narrazione esclusivo, di cui gli altri modi di fare e consumare informazione non dispongono. L’ascolto non ha la velocità di un tweet, non ha l’impatto di un video, non ha l’assertività dell’opinione di un post.

Ha però quell’assenza di campo e quel tempo necessario a tirare le fila degli elementi di una storia, a descriverne le relazioni, a esplorarne e spolverarne gli angoli. Spesso le notizie che consumiamo attraverso i tweet, i post, i quotidiani al bar e i video su YouTube, si accalcano ai lati dei nostri racconti come una palla di fili annodati di cui non troviamo né la cima né la fine. Hanno un senso, un colore, presi uno per uno, ma visti insieme non formano un racconto sensato.

Il tempo dell’ascolto ci consente di sbrogliare quei fili e di uscire dall’esperienza uditiva non solo con la matassa in parte ordinata, ma anche con l’inizio di una sciarpa ben fatta.

Proprio per queste scoperte fatte in tre anni di Mondoascolti, cominciamo con una selezione di alcuni tra i migliori lavori presentati a Ferrara. Sono audiodocumentari realizzati da autori che non si sono fatti bastare l’essere storyteller, ma che si sono applicati nell’ingegnarsi storybuilder – o in italiano, appunto, “autori” – in grado di catturare un frammento di realtà della vita quotidiana e trasformarlo in una storia da creare e da ascoltare.

Questi racconti sono in lingua originale, caricati su un audioplayer e accompagnati dalla traduzione in italiano. Durano circa mezz’ora. Se si ascoltano facendo una corsa si bruciano circa 5 chilocalorie per chilo di peso (350 chilocalorie per una persona di circa 70 chili); se si ascoltano in macchina guidando si può far passare la solitudine di un percorso di una trentina di chilometri e, da esperimenti empirici effettuati recentemente, se si ascoltano in casa si lavano i piatti di una settimana. Il tutto senza occupare la vista, che può dedicarsi ad altro.

Il primo audiodocumentario che abbiamo scelto è Senza parole dell’autrice belga Katharina Smets, e ha due caratteristiche fondamentali che ce l’hanno fatto selezionare come primo. Innanzitutto è un lavoro completamente indipendente, nato al di fuori delle radio pubbliche, che rappresentano oggi uno dei più grandi ostacoli alla cooperazione e all’incontro tra gli autori europei.

Il secondo motivo è che in questo lavoro la differenza linguistica non è, come spesso la vediamo, un ostacolo, ma è un’occasione di incontro, e anche questo è un orizzonte vitale per costruire una cultura dell’ascolto in Europa.

Quando nel 1954 la televisione si presentò agli italiani, si descrisse dicendo “La radio diventa radiotelevisione. I discorsi, ormai, da cose udite, diventano cose viste”. Oggi, dopo più di sessant’anni e nel nostro piccolo, proviamo con questa rubrica a far tornare i discorsi a essere anche delle cose udite: se vedere è molte volte l’unico modo per credere a un discorso, ascoltare è la prima cosa da fare per provare a costruirlo.

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