06 giugno 2019 16:45

Pochi eventi nello sport femminile generano più attenzione della Coppa del mondo di calcio. Circa 750 milioni di persone hanno assistito all’ultimo campionato e, dal 7 giugno, la Francia ospiterà l’edizione del 2019, a cui parteciperà la squadra detentrice del titolo, gli Stati Uniti.

Ma la battaglia della squadra statunitense fuori dal campo potrebbe rivelare di più, sullo stato del calcio femminile, delle loro prestazioni sul campo da gioco. A marzo la squadra ha sporto denuncia contro l’Usa Soccer, l’ente che governa lo sport nel paese, per discriminazione di genere. L’ampio divario salariale tra la squadra maschile e quella femminile, nonostante quest’ultima offra prestazioni regolarmente migliori di quella maschile e generi più introiti, è solo uno degli aspetti della loro azione legale.

La squadra esige più di un aumento salariale. Le sue giocatrici vogliono maggiore sostegno per lo sviluppo del calcio giovanile, la promozione del gioco e maggiore facilità per le donne nel raggiungere incarichi dirigenziali internazionali. Questi fattori sono fondamentali per il futuro successo dello sport e per dare, a ragazze e donne, più opportunità di trarre benefici dalla loro attività agonistica.

Questa battaglia va ben oltre una singola squadra, un singolo sport o un singolo paese. Fa parte di un movimento molto più ampio per la parità di genere a tutti i livelli dello sport, dei diritti umani e della politica.

Al vertice dello sport femminile le migliori atlete sono trattate come persone di seconda classe

Nel febbraio del 2019 è stato fatto un passo importante quando l’Unesco e il governo svizzero hanno deciso di effettuare uno studio di fattibilità per la creazione di un “osservatorio globale” sulle donne nello sport.

Un osservatorio globale (una fonte d’informazioni, analisi e attivismo) servirebbe a far procedere insieme alcuni movimenti che vanno nella stessa direzione: lo sforzo generale dell’Onu nel promuovere l’uguaglianza di genere, i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile nei paesi a basso e medio reddito, e l’attuale battaglia per le donne e le ragazze nello sport.

Per decenni questi movimenti complementari hanno contribuito a far avanzare i mutamenti sociali nel mondo, impegnandosi a renderlo più inclusivo. Eppure al vertice dello sport femminile le migliori atlete sono indubbiamente trattate come persone di seconda classe.

Certo, ci sono differenze di popolarità e reddito nello sport di alto livello, ma il modo in cui lo sport genera profitti è complesso e legato al genere. Ciò nonostante è difficile essere contrari a dare più opportunità a ragazze e donne di praticare sport per motivi di salute, inclusione sociale e svago.

L’osservatorio globale aspirerebbe a identificare queste disuguaglianze, ad analizzarle e a chiedere un cambiamento. Eppure le iniziative d’uguaglianza di genere spesso languono, limitandosi a essere oggetto di studi, dibattiti e infinita contemplazione.

Negli anni settanta il sistema olimpico stava lentamente (e tra varie polemiche) aumentando le opportunità per le donne. Anche l’Onu aveva cominciato a valutare l’uguaglianza di genere e nel 1979 aveva adottato un trattato internazionale, la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Cedaw).

Si tratta di una proposta di legge favorevole alle donne, che vieta la discriminazione su base sessuale, ed è stata ratificata da 189 paesi (gli Stati Uniti sono uno dei setti paesi a non averlo fatto, insieme a Iran, Somalia e Sud Sudan).

Vari gruppi hanno fatto pressione per un maggior cambiamento sociale, ma è stato solo con la conferenza internazionale sulle donne e lo sport del 1994 che è stata formulata la Dichiarazione di Brighton, che ha aperto la strada all’uguaglianza di genere nello sport. A Brighton, in Inghilterra, è nato il Gruppo di lavoro internazionale su donne e sport (Iwg), diventato una delle principali voci per l’uguaglianza nello sport e partner dell’Unesco.

Un’altra spinta è arrivata dopo le Olimpiadi del 2004, quando un gruppo di ministri dello sport dell’Unesco ha proposto per primo la creazione dell’osservatorio globale. Ma l’idea è rimasta in stallo per anno, prima di essere rivitalizzata nel 2017. Poi, nell’aprile 2019, il governo svizzero ha accettato di condurre uno studio di fattibilità.

La maratona dell’uguaglianza di genere
I progressi sono stati lenti, e uno dei compiti dell’osservatorio, quando finalmente sarà creato, sarà di capire perché.

La giustizia ritardata è una giustizia negata: soprattutto nello sport, dove un mese di pausa può distruggere il sogno di una vita, come la possibilità di competere alle Olimpiadi. Alla campionessa olimpica Caster Semenya è attualmente vietato gareggiare a causa di una sentenza che la costringerebbe ad assumere farmaci che riducono gli ormoni. La sua battaglia è lontana dall’essere chiusa. Più in generale ogni ritardo imposto rappresenta la perdita di opportunità per ragazze e donne di tutto il mondo.

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Il sostegno della Svizzera nel far avanzare ulteriormente un programma dieducazione di genere nello sport è un importante passo in avanti. La Svizzera è anche il luogo nel quale l’Onu (a Ginevra) e il mondo internazionale dello sport s’incontrano (Losanna è sede del Comitato olimpico internazionale e di molte federazioni sportive internazionali). Un osservatorio per le donne e lo sport nel paese potrebbe diventare un fulcro intorno a cui far ruotare sport, uguaglianza di genere e diritti umani.

Tutto questo ha un’importanza che va oltre lo sport. Le disuguaglianze sistematiche nello sport hanno un grave impatto sulle vite delle persone e riflettono altre disuguaglianze sociali, economiche e politiche.

L’osservatorio dovrebbe essere la piattaforma che monitora, difende e garantisce l’uguaglianza nello sport. E altro ancora. E se ci riuscirà, tutti ne trarranno beneficio. Come ha detto una volta Benjamin Franklin: “Non ci sarà giustizia fino a quando le persone non toccate dall’ingiustizia saranno indignate quanto quelle che lo sono”.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato sul sito The Conversation.

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