06 dicembre 2017 17:53

1. Severija, Zu asche, zu staub
Consigli per maniaci di serie tv: accantonate le ultime infatuazioni netflixesche e procuratevi Babylon, Berlin, kolossal di ambientazione weimariana prodotto dalla Sky tedesca. Come una Berlin, Alexanderplatz agli estrogeni con quote aggiornate di sesso e violenza e la regia di Tom Tykwer (Lola corre). La canzone dei titoli di testa è un’ipnotica cenere-alla-cenere affidata all’attrice e cantante lituana Severija Janušauskaitė, un po’ David Bowie un po’ Marlene Dietrich, dal cui ammaliante timbro bisogna lasciarsi cullare.

2. Eugenio Bennato, Mon père et ma mère
A forza di suoni, album e belle canzoni, il fratello folk di Edoardo Bennato ha cesellato i suoi canti mediterranei accogliendo strumenti e istanze africane. In questo ultimo album, intitolato Da che sud è sud, c’è anche Eugenia, figlia francofona e vocina che nella ballata Eugenia e Hajar ondeggia su racconti di fratellanza tra musiche gnawa e tarantella, duettando con un’amica marocchina e testimoniando un’idea in mano a un’élite di marinai e musicisti talentuosi e di cuore panmediterraneo, da Tangeri a Marsiglia e da Smirne a Siviglia.

3. Negramaro, New York e nocciola
“Se c’era una volta l’America adesso c’è un uomo che non sogna niente”. Quell’uomo è Giuliano Sangiorgi, sbarcato a New York, che cammina, mastica (bagel) e rumina. E alla fine sbuca dall’altra parte, pieno di stimoli, e al contempo disilluso. Capita a molti. Serge Gainsbourg si limitò a dire “mai visto nulla di più alto”. Invece i Negramaro sono in contatto con le loro emozioni, e tutto il loro ultimo album Amore che torni pesca tra pezzi e pensieri, prime e ultime volte, cuori e chiavi, dall’alba all’imbrunire con una speme straripante di comunicativa.

Questa rubrica è stata pubblicata il 7 dicembre 2017 a pagina 112 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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