06 giugno 2018 13:56

1. Marco De Annuntiis, Come De André
La Olivetti e il magnetofono; il pacchetto di Gitanes e il posacenere; e poi due vermut, un Fernet, un whisky, forse un’anisetta; ecco la workstation del bravo cantautore, sulla cover dell’album Jukebox all’Idroscalo. Buone tappezzerie di pessimo gusto, alito maudit e aloni di ironia, fumo stantio, erre moscia e riferimenti pop, come nel pezzo in cui gioca col santino del Faber (sommato a Psycho killer dei Talking Heads e a Serge Gains-bourg). E quando duetta con Ilenia Volpe, quella di Radical chic un cazzo, sembra un remake di Barfly a Ostia.

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2. Van Morrison & Joey DeFrancesco, Goldfish bowl
Questo pezzo viene da What’s wrong with this picture, debutto (datato 2003) di Van il soulman irlandese per la Blue Note. E viene riproposto nel nuovo album You’re driving me crazy, dove l’ultrasettantenne si coalizza con Joey DeFrancesco, organettista di 47 anni e un po’ all’antica, per infarcire di blues swingante una scaletta che va da Miss Otis regrets di Cole Porter a The way young lovers do dal suo capolavoro soul bucolico Astral weeks. La musica rétro è anche meglio, se è fatta con divertimento e amore al posto dell’ironia.

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3. Alien Army, Come fi murder
La condizione umana buttata lì dal rapper ravennate Moder, uno degli ospiti dell’album Goodmorning worldwide, di una storica crew di dj dediti all’arte del turntablism. Che qui si ritrovano in studio “per fare musica di qualità”. Così, per questo pezzo venato di dub, racconta il gruppo, “arriva uno skit vocale di Forelock, lo editiamo… splittiamo la voce, per quattro minuti di canzone vogliamo un rap di contrasto in mezzo e Moder in tempo reale ci manda il suo… È la bellezza di come le cose si evolvono in studio”. È il collettivo, bellezza, e funziona.

Questa rubrica è uscita il 25 maggio 2018 nel numero 1258 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati

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