28 novembre 2018 16:19

1. Camilla Barbarito, Tirallallì
Tra texture di chitarra elettrica e un violino zingaro che balla tra i tavoli. Ecco una voce del sud che graffia e soffre: un canto della Basilicata sentito a una festa campestre? La cantante Camilla Barbarito coltiva canzoni selvatiche per far crescere un album verde speranza, Il sentimento popolare. Pare un giardinetto dove sfilano chanteuse di ritorno a Napoli, ammaliatrici balcaniche, tanguere cubane o mistiche in estasi per Teresa d’Avila. Lei è una compilation di cantanti ma la testa multiculti, il cuore a sud e l’ugola ovunque son sempre le sue.

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2. Maldestro, Spine
“Stare da tutt’altra parte in un mondo fatto ad arte, non in questa discarica di cui facciamo parte”. In questi versi c’è un manifesto o almeno l’ambizione di Antonio Prestieri da Napoli, cantautore di vaglia nonostante un nome d’arte, che sta alla larga da tentazioni vernacolari per puntare a un italiano articolato, più Fossati che Fuorigrotta. Nell’album Mia madre odia tutti gli uomini racconta un mondo sporcato in tutti i modi, ma lo fa con eleganza. Grazie anche alla produzione di Taketo Gohara, si sentono mosse da campioncino del cantautorato.

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3. La Niña, Sangue
“Il mio destino non è scritto, è uno scarabocchio” è una frase di saggezza zen. Ma quello che colpisce è la verve dell’interprete, la rappautrice (si dice?) di Napoli barra San Giorgio a Cremano che ha “cercato Abbey Road sulla tangenziale”. E poi c’è pure il video fatto bene, lei ha verve e indossa un gessato troppo grande, ma ha già cantato con il suo nome, Carola Moccia, con i Fitness Forever, con Erlend Øye e perfino con i Kings of Convenience. Ma qui la cazzimma è tutta sua, questa soul rapper è scarabocchiata bene, e ’o piezz pure è scritto buono.

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Questo articolo è uscito il 23 novembre 2018 nel numero 1283 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero| Abbonati.

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