06 febbraio 2019 17:55

1. Deerhunter, Plains
Jimmy Dean e la sua ultima estate a Marfa, Texas, le riprese del Gigante e i treni che passano come diversivo da meditazione. Il sound di questa band di Atlanta somiglia a un collage di college rock fattosi reperto fossile; clavicembali, linee di basso pop anni sessanta, trucchi vocali farlocchi come il filtro Valencia su Instagram. Shakerando questi luoghi comuni esce Why hasn’t everything already disappeared?, album da nuovi R.E.M. che ancora rende giustizia al termine “rock alternativo”. È il rumore che esce dalla pancia di un’America altra.

2. Beirut, Gallipoli
Fa piacere che questo indie riflessivo sia migrato dai suoi nidi di New York e Berlino e che sia andato a stare in Salento. Che sia rimasto ammaliato da una di quelle processioni che fanno lì, al punto da intitolare alla città di Gallipoli il suo nuovo album, anche se forse Zach Condon così fa un po’ cargo mediterraneo. La sua merce principale è la malinconia d’alto bordo, organetto Farfisa e spleen da esportazione. Ma è bello vederlo dichiarare che le sue esperienze pugliesi lo abbiano aiutato ad aprirsi e riscoprire il lato più viscerale della sua musica.

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3. Romito, Penzier ’e luce
Dopo le cupezze americane un quid di speranza sudista, con una band che se fosse venuta da Naples, Florida, sarebbe stata un culto da college radio. E invece viene da Napoli, mixa indie e folk, chitarre, elettronica e testi in vernacolo. Il primo ep, cinque brani e il titolo Majorana che vuole essere un omaggio al grande scienziato, e con lui a un passato in cui guardare al futuro veniva meglio. Ma resta qualcosa nella musica di questi cinque – le aperture melodiche, i cori come squarci di sole – che ci fa sentire fiduciosi sul fatto che non è tutto fernuto.

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