19 giugno 2019 17:43

1. Rockets, Doot doot
E chi se li scorda i primi anni ottanta, quando imperversava la musica dance super sintetica, al contempo avanguardistica e commerciale? Tra le cose cult di quegli anni c’era questo pezzo di un gruppo gallese, i Freur (i due fondatori poi diventeranno gli Underworld). Doot doot torna ora in una sapiente cover in Wonderland, il nuovo album dei redivivi francesi Rockets, che nel 1978 spuntarono come alieni pelati in pelle argentea e vocoder (con una versione futurista di On the road again dei Canned Heat) e ora si ripresentano con facies ecologista.

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2. Andrea Cassese, Prospettiva bidimensionale (con Cesare Basile)
Pompei, donne, uomini, operai meretrici. E cicatrici, tendopoli, autostrade: chissà se la vera “minaccia di materia edile” è del 1979 o di mille anni dopo? Passato e presente si confondono, in questa fusione di visioni tra il superospite anarco/siculo Basile e Cassese, classe 1986, talento napoletano che torna alla ribalta con il suo secondo album La minoranza. Lavoro da cui emerge un folk attuale e di ambiziosa scrittura che con il tempo saprà fare a meno di unire trattini tipo “degrado-derubato-prefabbricato-squallore”.

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3. Roberto Giordi, Cronache globali degli anni zero
Il sogno di Partenope, notevole quarto album di un altro talento napoletano, confonde a sua volta passato e presente, ma in senso opposto: partendo da Parigi, sua base di elezione, per rituffarsi nella napoletaneità. Ora per ripescarne le varie Villanelle e scalinatielle della tradizione e servirle in forma chanson colta e pettinata, ora (come qui) ricorrendo alle forme della tammurriata alla Peppe Barra come un palinsesto su cui cantare storie sue. Ma poi la lingua universale dei vicoli prevale su italiano e francese.

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Questo articolo è uscito sul numero 1311 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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