07 luglio 2020 16:58

1. Keleketla!, International love affair
Un pezzo che celebra l’amore a distanza, quindi se stesso, e fa bene: perché l’album di Keleketla! è una bomba. È nato dall’incontro tra una mediateca di jazzisti rapper e pacifisti di Johannesburg e i producer londinesi Cold-cut, poi arricchito di altri elementi dal mondo afrobeat (compresi alcuni pattern del batterista Tony Allen), dalle coste Usa (il collettivo Watts Prophets da Los Angeles) e pure dalla Papua Occidentale. Risultato, una trascendentale miscela di ritmo, voci, colori new jazz, astuzia produttiva, protesta e festa globale.

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2. Jason Mraz, Make love
A prima vista sembrava che Mraz, cantore di good vibrations californiano la cui I’m yours era stata un bel contagio musicale del 2008, avesse sbagliato l’anno per fare il brillante con Look for the good, nuovo album reggae light, quasi ostinatamente pieno di ottimismo: si può veramente dire ancora “fai l’amore e non la guerra”? Ma dopo Minneapolis, le proteste, la repressione, Trump a Tulsa il dubbio sorge. Forse Mraz ci ha azzeccato: c’è bisogno di qualcuno capace di ballare in levare e cantarci su una storia positiva. E “make love not war” suona bene.

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3. Gogaia, Love love
Dolce pezzo pop, che si apre con arpeggi di kora, l’arpa rimediata da una grande zucca dei cantastorie mandingo, suonata dal gambiano Haruna Kuyateh; dietro s’intrecciano, in duo semiacustico, il nigeriano Ezy Williams e Gaia Trussardi, artefice di questo progetto che spazia tra immigrazione e imprenditoria. Nomi illustri e discreti mezzi in ballo (incluso il video firmato da Adriano Giannini, marito della succitata) ne abbiamo, ma è come un biscotto fatto in casa con amore doppio e voglia di favorire altre culture. E merita applausi extra.

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Questo articolo è uscito sul numero 1365 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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