18 febbraio 2016 19:34

Non si capisce bene perché il film di Tom McCarthy, Spotlight, nelle sale italiane diventa Il caso Spotlight. Non è solo arbitrario come adattamento, è vagamente fuorviante. Perché non c’è un caso “Spotlight”. Spotlight, come ormai tutti sanno, è la sezione di giornalismo investigativo del Boston Globe che nel 2002 vinse il premio Pulitzer per un’inchiesta sulla pedofilia nella chiesa cattolica. Ma mi rendo conto che è un dettaglio.

Il caso Spotlight

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Martin Baron, il direttore del Washington Post che all’epoca dei fatti narrati dal film era appena stato nominato direttore del Boston Globe, è stato al festival di Ferrara nel 2014. Parlando del futuro del giornalismo ha detto che digitale o cartaceo è indifferente, di sicuro quello del futuro dev’essere un giornalismo investigativo accurato e approfondito che fa le pulci al governo e ai poteri forti. Pensando al giornalismo italiano viene un po’ da piangere, mentre gli avvenimenti raccontati nel film sono pienamente in linea con il suo pensiero. Baron nel film è interpretato da Liev Schreiber, sornione ma serio, perfetto nella parte. Così come sono perfetti anche Michael Keaton, Mark Ruffalo (“capace di recitare anche con la pettinatura”, autocitazione) e gli altri componenti del cast, premiato nel suo insieme dalla Screen actors guild statunitense.

Il regista, Tom McCarthy, nella quinta stagione di The wire (serie scritta dall’ex cronista del Baltimore Sun, David Simon), interpretava un giornalista di stampo opposto, pronto a speculare sui senza tetto di Baltimora per arrivare a un premio giornalistico e a compiacere dei dirigenti avidi che con la loro spocchia miope stavano portando il quotidiano alla rovina. A qualche anno di distanza fa piacere scoprire che McCarthy deve aver fatto tesoro di quell’esperienza e a questo punto, se arriva l’Oscar bene, altrimenti resterà questo ottimo film in cui i giornalisti, una volta tanto, sono brava gente.

The danish girl

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Spotlight è stato presentato a Venezia, lo scorso settembre, così come The danish girl, la storia dell’artista danese Einar Wegener, personaggio realmente esistito, primo uomo a sottoporsi a un’operazione per cambiare sesso. Il tema può anche sembrare interessante, il film non lo è particolarmente. Prima di ogni altra cosa è noioso, fondamentalmente perché non si riesce a entrare in empatia con il protagonista. L’interpretazione di Eddie Redmayne, sottilissima (leggi monotona), non ci trasmette quello che dev’essere stato un percorso piuttosto faticoso, anche per un anticonformista come Wegener, nel nordeuropa degli anni venti. Forse si potrebbe entrare in empatia (ma neanche troppo) con la moglie di Einar, Gerda, interpretata da Alicia Vikander (una delle favorite al premio Oscar come attrice non protagonista), ma il film è troppo asettico e ci lascia fuori sul pianerottolo, anzi fuori davanti al cassonetto dell’indistinto.

Deadpool

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L’attore canadese Ryan Reynolds deve avere un agente davvero in gamba se dopo il fiasco di Lanterna Verde ha avuto la seconda possibilità di vestire i panni di un supereroe. E vabbe’ che questo è Marvel, mentre la lanterna è dell’universo concorrente, Dc Comics, quello cioè di Batman, Superman, Flash e Aquaman. In Deadpool Reynolds veste i panni di Deadpool, soldato delle forze speciali trasformato in supereroe suo malgrado e molto molto incavolato. Arriverà a breve una vera recensione del film, nel frattempo possiamo dire che è già stato previsto un sequel, sempre con Reynolds. Complimenti di nuovo al suo agente.

Onda su onda

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In Onda su onda di Rocco Papaleo si compone un’altra strana coppia, anche se più convenzionale di quella formata da Eddie e Alicia. Cioè Rocco Papaleo e Alessandro Gassman, i due protagonisti di un improbabile viaggio in nave in Uruguay: cantante in cerca di riscatto il primo, cuoco di mare il secondo. Nella migliore tradizione, la commedia in cui degli italiani viaggiano verso il Sudamerica è agrodolce, Papaleo e Gassman tornano a recitare insieme dopo Basilicata coast to coast e Il nome del figlio.

Fuocoammare

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Da non perdere, direttamente da Berlino, arriva in sala Fuocoammare, di Gianfranco Rosi, di cui ha già scritto Lee Marshall. Escono anche il cartone Disney Zootropolis e il demenziale Cinquanta sbavature di nero.

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