07 settembre 2018 11:57

“Nessuno riuscirà a battermi nel 2020”. Donald Trump ha avuto una bella faccia tosta a pronunciare queste parole davanti alle telecamere, mercoledì 5 settembre, riferendosi alle prossime presidenziali americane. Qualche ora prima, il New York Times aveva pubblicato una lettera anonima che attaccava il presidente, scritta secondo il quotidiano da un importante esponente dell’amministrazione.

Allo stesso tempo, gli estratti del libro Fear, firmato da Bob Woodward, il giornalista che aveva svelato lo scandalo Watergate, descrivono Trump come un uomo disfunzionale sull’orlo di una crisi di nervi. Un “idiota”, avrebbe detto il capo dello stato maggiore della Casa Bianca, il generale John Kelly, citato da Woodward.

In questo clima segnato dal caos politico indescrivibile attorno alla figura del presidente, un clima di cui è difficile trovare equivalenti nella storia, Trump resta fedele a se stesso, mantenendo un atteggiamento di sfida.

Fiducia e ostilità
E se avesse ragione a sentirsi così sicuro di sé? Visto dall’esterno, Donald Trump sembra assediato e contestato persino all’interno della sua amministrazione. Ma cosa pensa l’America profonda?

Secondo il sito FiveThirtyEight, che analizza i sondaggi di opinione, dopo 595 giorni di presidenza Trump conserva la fiducia del 40 per cento degli americani, una percentuale molto vicina a quelle di Ronald Reagan o Bill Clinton nella stessa situazione, e appena più bassa di quella di Barack Obama. È anche vero che gli elettori ostili a Trump sono il 53 per cento, più di tutti i suoi predecessori da Harry Truman in poi.

Se l’ostilità aumenta, la base elettorale di Trump, la stessa che lo ha portato alla sorprendente vittoria del 2016, potrebbe reggere l’urto e continuare a manifestare il proprio entusiasmo negli incontri della campagna elettorale permanente che il presidente porta avanti in tutti gli Stati Uniti. Niente ci garantisce che gli elettori possano essere influenzati dalle rivelazioni sul carattere del presidente, sempre più frequenti ma anche onnipresenti fin dall’inizio del mandato.

Queste persone condividono con Trump l’odio nei confronti delle élite politiche ed economiche del paese, accusate di aver sacrificato gli interessi dell’America bianca che si sente penalizzata a beneficio della globalizzazione. Anche se la riforma fiscale di Trump favorisce i più ricchi, i suoi risultati economici sono buoni e il presidente può dichiarare di aver “fatto bene il suo lavoro”.

La base condivide con Trump anche il disprezzo per i mezzi d’informazione, gli stessi che lo attaccano in questo momento e definiti dal presidente “nemici del popolo”. In questi affondi c’è chi vede la prova dell’esistenza di uno “stato profondo”, come lo chiamano i complottisti.

Possiamo credere che questi elettori resteranno dalla parte di Trump fino alla fine? È probabile, considerando il clima di estrema polarizzazione che ha diviso l’America negli ultimi due anni. La chiave del futuro politico del paese saranno ancora una volta gli indecisi, da cui dipenderà la maggioranza repubblicana al congresso alle elezioni di metà mandato che si terranno tra appena due mesi.

Una sconfitta netta potrebbe innescare la procedura di impeachment per il presidente. Ma Donald Trump potrebbe avere le sue ragioni per mantenere quest’aria di sfida anche quando tutto sembra remargli contro.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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