06 novembre 2018 13:18

Può esserci una giustizia per le vittime dei massacri quando i loro aguzzini sono nel campo dei vincitori? Non è una quesitone filosofica, ma la triste realtà della Siria, teatro della guerra più crudele della nostra epoca.

Il 5 novembre la magistratura francese ha annunciato di aver spiccato dei mandati d’arresto internazionali contro tre alti funzionari del regime siriano accusati di complicità in crimini contro l’umanità e legati alla scomparsa, alla tortura e all’omicidio di due cittadini franco-siriani, Mazen Dabbagh e il figlio Patrick Abdelkader Dabbagh.

La Federazione internazionale per i diritti umani si è complimentata per una decisione che mostra “che i maggiori responsabili delle atrocità commesse in Siria devono rendere conto delle loro azioni”. Ci piacerebbe credere e pensare che davvero, quando il conflitto arriverà finalmente al suo epilogo, i responsabili dei crimini peggiori saranno giudicati in tribunale, a prescindere dallo schieramento a cui appartenessero.

Ingranaggi essenziali
Allo stato attuale, però, sembra altamente improbabile che i mandati di cattura possano portare a un processo. Fra i tre uomini in questione ci sono infatti Ali Mamlouk, tuttora direttore del dipartimento per la sicurezza nazionale di Bashar al Assad, e Jamal Hassan, a capo dei servizi segreti dell’aeronautica siriana.

Di sicuro non c’è alcuna possibilità che il regime volti le spalle a questi uomini, ingranaggi essenziali di un apparato di sicurezza che ha permesso da Assad di sopravvivere dopo la rivolta popolare del 2011. Tanto meno se consideriamo che il regime, grazie al sostegno decisivo dell’Iran, ha raddrizzato una situazione che sembrava disperata e ha riconquistato buona parte del territorio nazionale senza avviare il minimo processo politico.

Fino a quando i suoi “padrini” lo sosterranno, Assad non avrà alcun motivo di cedere alle richieste di un paese come la Francia, che tra l’altro ha mantenuto un atteggiamento ostile nei suoi confronti.

I mandati d’arresto emessi a Parigi rischiano di non essere altro che un atto simbolico

Quanto al Tribunale penale internazionale, creato nel 2002, non ha giurisdizione sulla Siria, che non ha mai ratificato il trattato fondamentale dell’istituzione. In ogni caso, qualsiasi procedura si scontrerebbe con il veto russo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Per questo, in Francia, è stata avviata una procedura nazionale sulla base della “competenza universale” riconosciuta in caso di crimini gravi, nel solco di un’azione simile avviata in Germania.

In entrambi i casi la magistratura si appoggia al dossier César, dal soprannome del fotografo della polizia militare siriana fuggito con cinquantamila foto di cadaveri di prigionieri, e alla recente ammissione di Damasco riguardo ad alcuni decessi, che le autorità hanno imputato ad arresto cardiaco, come quello di Mazen Dabbagh, che lavorava nel liceo francese di Damasco.

I mandati d’arresto emessi a Parigi rischiano di non essere altro che un atto simbolico da parte della magistratura in un conflitto che ha fatto centinaia di migliaia di morti, quasi insignificanti in quest’epoca cinica. Per il momento, purtroppo, i carnefici possono dormire sonni tranquilli.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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