16 maggio 2019 11:42

Il contrasto non potrebbe essere più eclatante. Il 15 maggio Donald Trump ha firmato un decreto che vieta alle aziende statunitensi di usare il materiale prodotto dall’azienda cinese di telecomunicazioni Huawei, proprio mentre il capo di Huawei, Ken Hu, era tranquillamente a cena all’Eliseo in compagnia di altri dirigenti del settore tecnologico su invito di Emmanuel Macron.

La vicenda Huawei è diventata il simbolo dei rapporti con la superpotenza cinese. Huawei è leader della tecnologia 5G, che nei prossimi anni trasformerà le nostre reti di telecomunicazione. Gli occidentali non si fidano ancora pienamente ad affidare una struttura così importante a un’impresa cinese.

Gli Stati Uniti sono convinti che il rischio per la sicurezza sia eccessivo, e in piena guerra commerciale con Pechino hanno deciso di imporre un bando sul produttore cinese. Washington ha invitato caldamente gli alleati a seguire il suo esempio, ma gli europei si sono rifiutati. Parigi, Berlino e Londra hanno scelto di consentire a Huawei di partecipare alle gare d’appalto per il 5G, pur mettendo in sicurezza le loro reti.

Evitare la logica della guerra fredda
Il paradosso è che gli europei condividono molte delle accuse rivolte dagli Stati Uniti alla Cina, dalle pratiche commerciali all’approccio politico globale. Tuttavia rifiutano di adottare la logica da guerra fredda di Donald Trump, che ha senz’altro commesso un errore non cercando un’alleanza con gli europei e i giapponesi per rinegoziare le regole commerciali con la Cina.

Gli Stati Uniti sono particolarmente irritati dalla decisione di Londra di autorizzare i componenti prodotti da Huawei nonostante il Regno Unito faccia parte dei Five eyes, i partner privilegiati dei servizi d’informazione statunitensi, di cui invece non fa parte la Francia. La defezione britannica è chiaramente il segno che gli stati Uniti non dispongono di prove irrefutabili del rischio di spionaggio cinese attraverso i componenti prodotti da Huawei.

Come dimostrano il caso dell’Iran e il problema del clima, gli europei prendono sempre più spesso le loro decisioni in modo autonomo

Non senza ragioni, Washington sostiene che qualsiasi azienda privata cinese deve obbedire agli ordini del Partito comunista, e che in caso di tensione con la Cina i rischi sarebbero concreti. I britannici, che hanno testato il materiale cinese, sono giunti a conclusioni diverse.

Ci sono due insegnamenti da trarre da questa vicenda. Innanzitutto è ormai evidente, come dimostrano il caso dell’Iran e il problema del clima, che gli europei prendono sempre più spesso le loro decisioni in modo autonomo. Questo vale anche per i britannici, nonostante l’imminente Brexit.

Il secondo insegnamento è che nei rapporti con il gigante cinese, tema cruciale del ventunesimo secolo, sono possibili due diversi approcci. Il primo è quello del “containment”, un’espressione della guerra fredda traducibile con “contenimento”. È l’approccio aggressivo seguito da Donald Trump.

L’altro approccio, per restare nel vocabolario della guerra fredda, è quello dell’”engagement”, ovvero la creazione di un rapporto di forze e di un dialogo esigente che resti sempre lontano dallo scontro.

È la nuova strategia europea, simboleggiata dall’incontro tra la Francia, la Germania, la Commissione europea e il presidente cinese Xi Jinping organizzato a marzo nella capitale francese, che sarà senz’altro riproposto. Se l’Europa unita vuole davvero avere un ruolo globale, è proprio su temi come questo che deve cominciare a farlo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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