28 novembre 2019 11:32

L’espressione “ultima chance” è piuttosto inflazionata, e nella storia le vere ultime chance sono state poche. Eppure questa espressione salta subito alla mente pensando alla Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen, che il 2 dicembre si insedierà con un mese di ritardo rispetto al calendario previsto.

La nuova Commissione ha superato l’ultimo ostacolo con il voto al parlamento europeo, ottenendo con 461 voti favorevoli e 157 contrari una larga maggioranza composta da conservatori, socialdemocratici e liberali. La maggioranza è ben più solida rispetto ai nove voti di margine con cui la scelta di Ursula von der Leyen era stata confermata a luglio.

Per un’istituzione spesso criticata per la sua mancanza di democrazia interna non sono mancati i colpi di scena, con tre commissari respinti dai parlamentari tra cui la francese Sylvie Goulard. Il dibattito sull’etica e la competenza dei commissari è stato intenso, anche se spesso appesantito dai preconcetti politici. In ogni caso il parlamento eletto ad aprile scorso ha mantenuto le sue promesse.

Appuntamenti mancati
L’ultima chance, dunque. Effettivamente negli ultimi vent’anni l’Europa ha mancato troppi appuntamenti, come se dopo l’euforia della caduta del muro di Berlino e della “riunificazione” del continente si fosse seduta sugli allori, rimanendo immobile a guardare i treni passare.

Tutti i cittadini europei percepiscono, pur senza essere specialisti, che il mondo sta cambiando rapidamente intorno a loro: la Cina si afferma come potenza aggressiva e l’alleato statunitense si allontana dall’Europa (e non solo a causa della personalità di Donald Trump), mentre prosegue la trasformazione tecnologica i cui punti nevralgici si trovano in Cina e nella Silicon valley e quasi in mai in Europa. Per non parlare della sfida climatica che impone decisioni radicali.

Per tutti questi motivi non è sbagliato pensare che se l’Europa continuerà a mancare i grandi appuntamenti diventerà vittima e non più attrice della storia, subendo le conseguenze di ciò che verrà deciso altrove. Questa non è la vocazione dell’Europa, ma è uno scenario che potrebbe realizzarsi a causa della mancanza di volontà del vecchio continente.

Ursula von der Leyen ha definito la sua Commissione “geopolitica”, un modo per annunciare che intende raccogliere tutte le sfide. La presidente può contare sul mandato degli stati e ora anche dei parlamentari, e può fare affidamento su alcune personalità di rilievo in ambiti chiave.

  • Margrethe Vestager, star del gruppo, bestia nera di Donald Trump e nemica dei giganti della tecnologia.
  • Frans Timmermans, il socialista incaricato del green deal, la risposta all’emergenza climatica.
  • Thierry Breton, supercommissario che si occuperà dell’industria e della difesa, due settori cruciali.

Ma non mancano nemmeno i punti deboli, sia all’interno degli stati europei sia a Bruxelles, a cominciare dall’attuale disaccordo tra Francia e Germania e dalla sfiducia dei cittadini nei confronti di un’Europa che li ha delusi, ma a cui hanno comunque deciso di concedere un’ultima chance.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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