15 gennaio 2020 11:13

Nel marzo del 2018 Donald Trump scriveva su Twitter che le guerre commerciali sono “una buona cosa e facili da vincere”. Il 15 gennaio, quasi due anni dopo, il presidente degli Stati Uniti firmerà insieme all’emissario cinese Liu He un accordo che somiglia più a una tregua che a un trattato di pace.

In effetti, ufficialmente, si tratta di un compromesso intermedio. L’accordo definitivo è stato prudentemente rinviato a dopo le elezioni presidenziali negli Stati Uniti.

La guerra commerciale, alla fine, non si è rivelata facile da vincere come prometteva Trump, anche se negli Stati Uniti è emerso un consenso bipartisan sulla necessità di cambiare le regole commerciali con una Cina che non rispetta le regole del gioco.

Trump ha ottenuto 50 miliardi di acquisti annui supplementari di prodotti agricoli statunitensi. Non è un risultato da poco, tanto che la sua base elettorale parla di trionfo. Ma è anche vero che i temi industriali più scottanti sono stati rinviati.

Non solo i problemi strutturali permangono, ma la rivalità strategica sino-statunitense non viene smorzata. Al contrario, sembra destinata a durare.

Cinesi e statunitensi non condividono più lo stesso sogno

Il rapporto tra le due prime economie mondiali è passato in poco tempo dalla speranza di un idillio a un profondo disamore. Resta il fatto che per trent’anni i due paesi hanno tessuto legami stretti in tutti gli ambiti. Questo processo non si è arrestato, tanto che la settimana scorsa Tesla, costruttore statunitense di automobili elettriche, ha presentato in pompa magna il primo modello prodotto nella nuova fabbrica di Shanghai.

Ma cinesi e statunitensi non condividono più lo stesso sogno. Gli Stati Uniti vedono nella Cina una rivale che vuole soppiantarli in Asia e scalzarli dalla vetta del mondo. Di contro, dalla prospettiva di una Cina che è tornata a chiudersi politicamente, gli Stati Uniti sono un modello da imitare e al contempo un’insopportabile potenza egemonica. Il conflitto commerciale non è che la parte visibile di questo braccio di ferro globale.

Prendere posizione
Per molti aspetti quella in corso è una nuova guerra fredda, a cominciare dall’ambito tecnologico, terreno di scontro privilegiato del ventunesimo secolo. L’amministrazione Trump ha deciso di sbarrare la strada all’azienda delle telecomunicazioni Huawei, la società più emblematica del tecnocomunismo cinese.

Pur essendo all’avanguardia nel 5g, Huawei è bandita dal suolo statunitense, e Washington fa pressione sugli alleati affinché seguano il suo esempio. Il Regno Unito subisce sia le minacce statunitensi sia quelle cinesi, e presto Boris Johnson dovrà annunciare la sua decisione sulla sorte di Huawei nel paese.

Il rischio è che una netta divergenza tra due universi economici e tecnologici (uno statunitense e l’altro cinese) possa costringere gli altri paesi, a cominciare da quelli europei, a prendere una posizione. Il mondo globalizzato, insomma, torna a balcanizzarsi.

L’accordo commerciale permetterà a Trump di cantare vittoria sui palchi elettorali, ma lascerà al prossimo presidente, che sia lo stesso Trump o un democratico, il compito di fabbricare il mondo del futuro, che per il momento è ancora indefinito.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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