07 luglio 2020 09:39

Dal 25 giugno l’Iran ha registrato fino a quattro esplosioni all’interno di siti industriali, inizialmente presentate come accidentali. Tuttavia il 2 luglio una nuova esplosione ha colpito un centro legato al programma nucleare, e da quel momento la tesi dell’incidente non regge più.

Sembra che la forte esplosione abbia parzialmente distrutto la principale installazione per l’arricchimento dell’uranio di Natanz, minacciando di ritardare almeno di qualche mese il programma nucleare di Teheran.

Se davvero si tratta di un sabotaggio o di un attacco, chi è il responsabile? L’Iran accusa Israele e gli Stati Uniti, i due paesi più ostili al regime e già in passato responsabili di azioni di sabotaggio nei confronti del programma nucleare iraniano.

Momento non casuale
Naturalmente non c’è niente di certo e nessuno rivendicherà mai un’azione di questo tipo, se è stata compiuta realmente da uno stato straniero. Ma l’ipotesi di un coinvolgimento di Israele o degli Stati Uniti (se non di entrambi) è più che verosimile. Prima di tutto a causa dei precedenti. Nel 2010 l’Iran è stato colpito da una delle più importanti operazioni di guerra cibernetica della storia, quando il virus informatico Stuxnet si è infiltrato nel programma nucleare. In quel caso più di mille centrifughe, i macchinari che servono ad arricchire l’uranio, furono messe fuori uso nel centro di Natanz, lo stesso che è stato attaccato la settimana scorsa.

Fin dal suo insediamento, Trump non ha mai smesso di attaccare l’Iran

Stuxnet era il frutto della collaborazione tra israeliani e statunitensi all’epoca della presidenza di George W. Bush. Il virus resta l’esempio più spettacolare di guerra cibernetica, e ha permesso di infliggere danni considerevoli all’avversario senza correre quasi nessun rischio. Il vero pericolo riguarda il fatto che il virus non si è limitato ai computer del programma nucleare, ma ha colpito altre macchine e non solo in Iran.

Al momento è difficile stabilire se l’esplosione di Natanz sia stata la conseguenza di un nuovo ciberattacco, di un sabotaggio o di un raid aereo. Ma il momento scelto non è casuale. E la vicenda avrà profonde conseguenze.

Donald Trump resterà ancora per pochi mesi alla Casa Bianca prima di un ipotetico secondo mandato. Fin dal suo insediamento, Trump non ha mai smesso di attaccare l’Iran, inizialmente ritirando gli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare del 2015 e poi ripristinando durissime sanzioni contro Teheran e assassinando all’inizio del 2020 il generale iraniano Qassem Soleimani.

L’Iran ha risposto rilanciando il suo programma nucleare e infrangendo i termini dell’accordo internazionale. Trump non è interessato all’azione diplomatica, giudicata troppo lenta per contrastare l’Iran. L’attacco contro il sito di Natanz, che ritarderà lo sviluppo nucleare dell’Iran, è precisamente il genere di iniziativa gradita al presidente degli Stati Uniti.

Ma qualche rischio esiste. Prima di tutto bisognerà temere la reazione dell’Iran, che può contare su notevoli abilità nella guerra cibernetica. Ma soprattutto il pericolo sta in una possibile radicalizzazione del regime e in uno scontro sempre più acceso.

Nel 2015 l’accordo sul nucleare aveva scommesso sulla distensione con Teheran. Il 2020 sembra l’anno della definitiva escalation.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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