25 marzo 2021 09:59

La sera del 25 marzo gli europei saranno nuovamente ventotto in occasione del vertice che si terrà in videoconferenza causa covid-19. Il ventottesimo invitato non sarà però il Regno Unito, ma Joe Biden, presidente degli Stati Uniti e ospite d’onore degli alleati europei.

La dimensione simbolica sarà forte e indicherà una volta per tutte che l’epoca di Donald Trump si è conclusa, dopo anni segnati dal degrado dei rapporti transatlantici.

Ma i simboli non bastano, e il contesto di questo incontro è particolare: in piena guerra fredda con la Cina e tra persistenti tensioni con la Russia. A quanto pare è tornata di moda la parola “occidente”, idea politica più che nozione geografica caduta in disuso in tempi recenti.

Un esercizio delicato
Ora che gli Stati Uniti mobilitano i loro alleati in Asia per bilanciare l’influenza cinese e coordinano con l’Europa le sanzioni contro funzionari cinesi responsabili delle persecuzioni nei confronti degli uiguri, assistiamo a una rinascita del “blocco occidentale” nel senso più politico del termine. Lo dimostra il fatto che i capi della diplomazia cinese e russa, che si sono riuniti in settimana, hanno attaccato l’“arroganza occidentale”.

Ciò non toglie che l’esercizio del 25 marzo sarà delicato e potrebbe evidenziare i propri limiti.

Joe Biden, fin dalle sue prime dichiarazioni, ha insistito sul ritorno della “leadership” americana

Gli europei sono divisi tra il sollievo di ritrovare un partner statunitense, addirittura un protettore per alcuni che si erano sentiti abbandonati da Trump, e la speranza di ottenere un’autonomia strategica. Naturalmente il grado di entusiasmo degli europei per questo concetto di autonomia strategica varia da un paese all’altro (e spesso all’interno di uno stesso paese, come in Germania) ma comunque questa è la rotta scelta dall’Unione.

Joe Biden, fin dalle sue prime dichiarazioni, ha insistito sul ritorno della “leadership” americana e su una concezione dell’alleanza tipica del ventesimo secolo. Ma oggi il mondo è cambiato, e nell’ambiente multipolare che si sta definendo gli europei non hanno interesse a essere solo l’appendice di un polo statunitense superpotente.

In questo senso lo scontro sempre più intenso con la Cina mette in imbarazzo l’Europa, e in privato i leader europei dichiarano di non volersi imbarcare in una “guerra fredda” ormai accettata a Washington. La firma di un accordo di investimento tra l’Unione e la Cina, arrivata a dicembre durante la presidenza tedesca, è stata il segno di questo desiderio di autonomia.

Al contempo, come abbiamo visto negli ultimi giorni, le violazioni dei diritti umani in Cina e l’aggressività diplomatica di Pechino spingono inesorabilmente l’Europa a reagire all’unisono con gli Stati Uniti, dunque con l’“occidente”.

Il 25 marzo saranno pronunciate grandi parole di unità da parte dei ventisette interlocutori di Biden, anche se nei pensieri di molti ci sarà l’autonomia strategica. Alla fine saranno le tensioni internazionali a determinare la scelta dell’Europa: unità o autonomia?

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it