16 dicembre 2016 15:03

Ho letto un libro fantastico di Daniel Rachel, Walls come tumbling down: the music and politics of rock against racism, 2 Tone and Red wedge, che è appena uscito e racconta quel periodo tra la fine degli anni settanta e la metà degli anni ottanta in cui musica pop e politica sembravano strettamente legati. La narrazione è interamente affidata a citazioni dirette dei partecipanti: ci sono anch’io, tra parentesi, che parlo delle mie prime esperienze ai concerti del Rar (la campagna Rock against racism), del grande raduno dell’Anti-nazi league a Victoria park e della mia partecipazione al Red wedge, il collettivo di musicisti che sostennero il partito laburista in vista delle elezioni del 1987.

Il libro è un fuoco di fila di aneddoti e dietro le quinte straordinari. Uno dei miei preferiti è quello di Billy Bragg, che ricorda un tour durante il quale lui e i suoi amici fecero una festa nella stanza d’albergo sopra la mia, costringendomi a entrare in modalità “Mamma arrabbiata” e a chiedergli di abbassare il volume.

Quella stessa notte, per fortuna in un altro albergo, una bomba dell’Ira fece quasi saltare per aria l’intero governo conservatore. Billy ricorda che la mattina dopo, incontrandomi alla reception, si mise a spiegarmi in dettaglio perché era un bene che i membri del gabinetto non fossero rimasti uccisi, cosa che avrebbe portato all’imposizione della legge marziale. Quello che mi piace di più è l’immagine di noi due durante quella conversazione: mentre lui, presumibilmente stanco e con i postumi di una sbornia, mi faceva una filippica contro il governo, io, con le braccia incrociate, aspettavo che finisse per dirgli che era un cliente d’albergo egoista e maleducato e per chiedergli chi pensava che avrebbe pulito il casino che aveva lasciato.

Non dovevamo preoccuparci di essere insultati su Twitter ogni volta che facevamo qualcosa

Il libro è pieno di momenti come questo e di riflessioni personali su un periodo in cui gli artisti si sforzavano di comprendere lo scenario politico e di prendere posizione. A volte un aneddoto contraddice il precedente, cosa che è perfettamente in linea con lo spirito del tempo. Il Red wedge, in particolare, era un collettivo formato da un gruppo eterogeneo di persone, con obiettivi comuni ma anche enormi differenze sul piano ideologico, culturale e musicale.

Quello che traspare è un ottimismo – un’innocenza, perfino – che probabilmente oggi sarebbe scambiato per ingenuità. Eravamo meno spaventati da eventuali critiche e non ci importava più di tanto se quello che facevamo era giusto o se facevamo abbastanza. Ma soprattutto, forse, non dovevamo preoccuparci di essere insultati su Twitter ogni volta che facevamo qualcosa. E così andavamo avanti a organizzare concerti, marce e riunioni. Forse il mondo del pop è più cinico, oggi. Forse tutto il mondo lo è.

Quando i fascisti sembravano fascisti
Sembrava più facile, all’epoca, perché i fascisti sembravano ancora fascisti? Mi torna in mente quella poesia di Michael Rosen: “A volte temo che la gente pensi che il fascismo arrivi in abiti eleganti, indossati da personaggi grotteschi e da mostri”. Negli anni settanta e nei primi anni ottanta, i membri del National Front sembravano davvero dei mostri ed erano chiaramente il nemico. Non si nascondevano dietro abiti raffinati e una retorica conciliante. Vivevamo in tempi tribali, con linee ben definite, e sapevi sempre da che parte stavi.

Ma è buffo che ancora oggi siano gli artisti di quei tempi a essere invitati a prendere parte a eventi politici. Paul Weller, una colonna del Red wedge, parteciperà a un concerto in sostegno dell’organizzazione Momentum, con una band di cui fa parte anche Robert Wyatt. Parteciperanno anche artisti più giovani, certo, ma non posso fare a meno di pensare che la carriera di Weller è cominciata con i Jam nel 1976, quarant’anni fa. È difficile immaginare Rock against racism nel 1978 raccogliere intorno a sé artisti del 1938. Le Andrews Sisters e Bing Crosby, magari. Artisti anteguerra, ma figuriamoci!

Questo per dire quanto sia più debole il legame tra la politica e l’attuale generazione pop. Per di più, la serie di eventi organizzati da Momentum s’intitola Concerti per Corbyn. Questa cosa mi confonde. Il Red wedge era un tentativo di riunire tutte le nostre cause in una causa comune, mentre questa nuova etichetta è potenzialmente divisiva, perfino un po’ settaria. Non capisco perché non si chiamino Concerti per il partito laburista. O per l’unità. O qualsiasi altra cosa. Sicuramente, ci sarà qualcuno su Twitter che vorrà gentilmente spiegarmelo.

(Traduzione di Diana Corsini)

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