18 aprile 2015 10:43

A Nassiriya, il capoluogo della provincia di Dhi Qar, che si trova 370 chilometri a sud di Baghdad, sono arrivati i cadaveri di cinque nuovi “martiri”. Vengono fatti sfilare lentamente lungo la strada principale della città, a ritmo di musica e coperti dalle bandiere irachene. Questo mese sono tornati i corpi di quasi cinquanta combattenti. Ho sentito il sindaco vantarsi con un gruppo di giornalisti del fatto che la maggior parte delle forze governative in lotta contro il gruppo Stato islamico nella zona di Tikrit e nella provincia di Al Anbar è originaria di questa città.

Quel che sappiamo di certo è che le milizie sciite alleate dell’esercito sono composte in gran parte di volontari di Nassiriya. I muri di via Al Habubi sono tappezzati delle immagini dei “martiri”, spesso ragazzi di età compresa tra i venti e i trent’anni. Alla fine della strada c’è una lunga fila di negozi che vendono uniformi ed equipaggiamento militare.

Mi trovavo in città per partecipare a un festival di due giorni dedicato alla poesia, dal titolo “Poesia per la vittoria”. L’intento era rendere omaggio a trecento nuove reclute che avevano finito l’addestramento ed erano pronte a partire per il fronte. Uno dei poeti è salito sul palco insieme al figlio, che teneva in mano delle grandi foto. Per ogni immagine, una poesia. Una delle persone ritratte nelle foto era un altro figlio del poeta. Il ragazzo era morto la settimana prima nella guerra contro il gruppo Stato islamico. Negli stessi giorni gli studenti dell’accademia di belle arti hanno messo in scena tre rappresentazioni teatrali sul tema dell’eroismo di guerra.

Ho chiesto al dottor Salem, un sociologo, perché tanti abitanti di Nassiriya siano partiti come volontari. Lui mi ha fatto notare i numerosi gruppi di giovani che stavano per strada: “La povertà è molto diffusa in città. Molti sono disoccupati. Partono per diventare degli eroi”.

(Traduzione di Francesca Sibani)

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