11 gennaio 2017 19:00

Dopo essere rimasta in ostaggio per sei giorni, la giornalista irachena indipendente Afrah Shawki è stata liberata. Nelle prime dichiarazioni che ha rilasciato dopo essere tornata dai suoi due bambini, Shawki ha detto di non avere idea di chi fossero i suoi rapitori né del motivo per cui è stata sequestrata. Racconta di essere stata interrogata sulle cose che ha scritto su Facebook e sui giornali.

Alcuni giorni prima del rapimento Afrah aveva scritto degli articoli sull’uso illegale delle armi, anche nelle scuole, da parte delle milizie. La sera del 26 dicembre 2016 un gruppo di quindici uomini armati a volto coperto e vestiti con uniformi militari ha fatto irruzione nella sua casa a Baghdad per rapirla. Hanno preso anche il suo computer e la sua auto.

La notizia è stata un duro colpo per i giornalisti di tutto il paese. Secondo il direttore del quotidiano Al Mada il sequestro era un messaggio pericoloso rivolto ai reporter indipendenti. “Il prossimo sei tu!”, mi ha detto.

Giustizia fino in fondo
I giornalisti e gli attivisti per la libertà d’espressione hanno organizzato delle campagne sui social network e tre manifestazioni, una delle quali si è svolta appena fuori la Zona verde, dove ci sono le sedi del governo e del parlamento. I manifestanti chiedevano la liberazione di Shawki e un intervento deciso del governo per tutelare i giornalisti e la libertà di stampa.

Anche il primo ministro iracheno Haider al Abadi ha parlato del rapimento nel suo discorso settimanale: ha detto che l’obiettivo dei rapitori era lui, perché volevano metterlo in una situazione critica. Secondo alcuni la liberazione di Shawki è stata una vittoria dei manifestanti, ma altri fanno notare che non ci sarà giustizia se i rapitori non saranno arrestati e processati. Nei prossimi giorni scopriremo che anno sarà il 2017: un anno di terrore per i giornalisti o quello della battaglia per la libertà di stampa contro criminali sconosciuti?

(Traduzione di Francesca Sibani)

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