16 febbraio 2018 16:12

La presenza delle forze armate statunitensi in Iraq è diventata uno strumento di pressione sul primo ministro Haider al Abadi in vista delle elezioni irachene fissate per il prossimo 12 maggio.

Due milizie sciite irachene chiedono un ritiro definitivo. Le due milizie, filoiraniane, hanno preso parte attiva alla guerra contro il gruppo Stato islamico (Is), esercitando un’enorme influenza sulla politica irachena dopo la cacciata dell’Is. Karim al Nouri, il portavoce delle brigate Badr, la milizia più grande, ha dichiarato che “la presenza delle forze armate statunitensi provocherà maggiori divisioni in Iraq e incoraggerà le organizzazioni terroristiche”.

L’altra milizia, Kataib Hezbollah, che intrattiene legami molto forti con i guardiani della rivoluzione in Iran, ha posizioni più radicali. Il suo portavoce Jaafar Hussaini ha minacciato l’uso della forza per costringere gli statunitensi a ritirarsi.

Delicato equilibrio
Il primo ministro Haider al Abadi, sotto pressione sia da parte degli Stati Uniti sia da parte dell’Iran, ha cercato di mantenere una posizione intermedia. Nel corso della sua conferenza stampa settimanale ha risposto affermando che la presenza di diecimila soldati appartenenti alla coalizione internazionale risponde alla volontà e alle leggi irachene. Ha fatto riferimento a un piano per un ritiro graduale per evitare qualsiasi possibile vuoto tenendo conto della presenza dell’Is in Siria.

Per lui però non è semplice mantenere questo delicato equilibrio. Le pressioni provenienti da entrambi i lati aumenteranno e si faranno più pesanti a mano a mano che si avvicinerà la data delle elezioni.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

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