06 novembre 2018 16:17

È una corsa contro il tempo quella del nuovo premier iracheno Adel Abdul Mahdi per la formazione del governo. Oltre i 14 ministri che sono già stati nominati, il 6 novembre dovrà proporre altri otto nominativi per sostituire quelli su cui il parlamento ha posto il veto.

I candidati dovranno essere valutati e approvati dal parlamento, dai leader dei partiti, dai rappresentanti delle etnie e delle grandi città e dai leader delle tribù. Tutti pretendono per sé una fetta più grande dell’esecutivo. Anche nella coalizione dei cristiani si è aperta una spaccatura su chi deve essere nominato al ministero della giustizia (uno degli otto posti rimasti vacanti).

Intanto, alcuni deputati della provincia di Bassora minacciano nuove proteste popolari se la regione meridionale (che è la più ricca di petrolio) non otterrà una rappresentanza di almeno due ministri nel governo.

Il vero ostacolo
Cinque organizzazioni di categoria (scrittori, pittori, musicisti, artisti e giornalisti) contestano la nomina di un ministro della cultura senza alcuna preparazione in campo culturale. Ma anche se Abdul Mahdi dovesse riuscire ad accontentare tutte le parti e nominare i restanti ministri, lo attende una sfida ancora più impegnativa. Il vero ostacolo alle riforme è costituito dai burocrati presenti nei ministeri, uno “stato nello stato” fatto di 365 direttori generali e viceministri, in gran parte personale impreparato, corrotto e incapace.

E mentre si accende il conflitto tra i partiti, milioni di sciiti iracheni hanno marciato a piedi verso la città santa di Kerbala, dove è sepolto l’imam Hussein, nipote del profeta Maometto, per il pellegrinaggio dell’Arbaeen, il più grande raduno religioso del mondo.

L’evento è stato come sempre anche un’occasione per lanciare messaggi politici, in particolare contro la corruzione. Nel frattempo, circa tremila miliziani del gruppo Stato islamico sarebbero entrati in Iraq dal confine siriano, pronti a colpire nuovi obiettivi.

(Traduzione Francesco De Lellis)

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