08 giugno 2020 17:16

I negoziati tra Washington e Baghdad per definire i dettagli della loro relazione strategica sono già cominciati. Entrambe le parti, a porte chiuse e lontano dai riflettori, hanno avviato lo scambio di note sul programma da seguire. In cima alla lista delle questioni da affrontare ci sarà lo status delle milizie irachene sostenute dall’Iran.

Le pressioni sul primo ministro iracheno Mustafa al Kadhimi da parte degli Stati Uniti e dell’Iran sono aumentate già una settimana prima dell’inizio dei negoziati. Abu Alaa al Walai, leader delle brigate Sayyed al shuhada, ha avvertito Al Kadhimi: “Se i negoziatori pensano che gli statunitensi abbiano il diritto di restare in Iraq, anche con un solo soldato, allora sono dei traditori”. In risposta Al Kadhimi ha ordinato la chiusura degli uffici delle Forze di mobilitazione popolare, un’organizzazione che riunisce le milizie filoiraniane, e ha vietato a tutti i suoi affiliati di condurre qualunque attività che non sia ordinata dal primo ministro.

Posizioni divergenti
In questi giorni delicati due leader iraniani hanno visitato Baghdad. Il ministro dell’energia Reza Ardakanian è arrivato nella capitale irachena all’inizio di giugno per rinnovare per altri due anni i contratti per l’esportazione di gas iraniano in Iraq.

Ma il visitatore più importante è stato Ismail Ghani, l’uomo che ha sostituito Qassem Soleimani a capo della Forza Quds, e che esercita l’influenza iraniana sulla politica irachena. Il suo è stato un viaggio organizzato all’ultimo, ma prima di partire ha chiesto un visto ufficiale per l’Iraq, un gesto con cui ha riconosciuto di essere in visita in un paese sovrano.

Il team di negoziatori di Baghdad è formato da due ex ambasciatori iracheni a Washington e da due consiglieri del primo ministro. Dovranno tenere presente la posizione di due componenti della società irachena, quella sunnita e quella curda, che si oppongono al ritiro statunitense dal paese.

I rappresentanti della coalizione sunnita in parlamento (Al Wataniya) hanno reso nota la loro opinione riguardo ai negoziati, affermando di essere contrari a un ritiro di Washington perché “senza un sostegno militare internazionale” la presenza del gruppo Stato islamico (Is) “continuerà e si intensificherà”.

Oltre all’opposizione di curdi e sunniti i negoziati dovranno considerare anche le difficoltà economiche dell’Iraq alla luce di tre scenari catastrofici: la diffusione dell’epidemia di covid-19; la sua influenza sull’economia globale e sulle rendite petrolifere irachene; e l’incremento delle attività dell’Is a nordovest di Baghdad.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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