19 ottobre 2020 17:12

Il sogno dell’ascesa di un Kurdistan indipendente svanisce di fronte alla realtà di oggi. I curdi iracheni, che nel 2017 avevano votato in grande maggioranza (92 per cento) a favore dell’indipendenza della regione, oggi aspettano con ansia un aiuto dal governo di Baghdad, a sua volta colpito da una profonda crisi finanziaria dopo il drastico crollo dei prezzi del petrolio.

I curdi iracheni non sanno se gli aiuti arriveranno o meno. A Baghdad i principali partiti si scontrano su ogni taglio o ritardo nell’invio dei fondi al governo regionale del Kurdistan. È difficile descrivere la situazione nella regione autonoma, dove la ricchezza si mescola alla povertà e tutto sprofonda nella palude dei fallimenti economici, delle incompetenze politiche e della frammentazione amministrativa.

Proposta respinta
Il 14 ottobre nel parlamento iracheno è scoppiato un acceso diverbio tra alcuni deputati del Partito democratico del Kurdistan e la coalizione sciita Al fatah, per divergenze su questioni economiche e politiche.

Per mettere fine alle dispute sulla produzione petrolifera della regione autonoma del Kurdistan, il governo ha proposto la creazione di un’unica compagnia petrolifera condivisa da Erbil e Baghdad, ma il portavoce del governo regionale del Kurdistan, Jotyar Adel, ha risposto affermando: “Il nostro obiettivo resta l’elaborazione di soluzioni pratiche e legali riguardanti il settore petrolifero e del gas, in modo da garantire i diritti delle popolazioni della regione del Kurdistan e dell’Iraq”.

Oltre alla disputa tra il governo del Kurdistan e quello di Baghdad, sono emersi anche dei conflitti tra i due principali partiti curdi. Nella provincia di Sulaymaniyya, amministrata dall’Unione patriottica del Kurdistan, le scuole hanno già ripreso le attività, mentre a Erbil, sotto il controllo del Partito democratico del Kurdistan, la riapertura è stata bloccata in coincidenza con uno sciopero del personale sanitario.

Con novembre alle porte, gli operatori sanitari sono ancora in attesa degli stipendi di aprile. Sono passati ormai più di 50 giorni dall’ultimo “pagamento forfettario” ricevuto. Ogni notte pensano di trovarsi solo in un incubo passeggero e che il mattino porterà finalmente con sé la clamorosa notizia: gli stipendi di aprile, maggio, giugno, luglio e agosto sono stati pagati e il governo trasferirà ai cittadini l’80 per cento dello stipendio di settembre.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it