06 settembre 2021 16:48

“Abbiamo 18mila fascicoli di casi di corruzione. Se li vedeste vi verrebbe un infarto”. Queste sono state le parole del primo ministro iracheno in una conferenza stampa il 2 settembre.

I casi di corruzione sono aumentati e sono venuti a galla con l’approssimarsi delle elezioni, previste per il 10 ottobre. Tutti i partiti nei loro slogan promettono di combattere la corruzione, ma questa è cresciuta rapidamente proprio per la necessità dei partiti di trovare denaro per finanziare la campagna elettorale. I casi di corruzione sono diventati l’oggetto di accuse reciproche tra le coalizioni in lizza.

In un acceso dibattito in parlamento la commissione per l’integrità, incaricata di combattere la corruzione, è stata accusata di non essere riuscita a “individuare le responsabilità di ministri e direttori generali, accontentandosi di colpire solo piccoli funzionari”. Nel suo rapporto annuale relativo al 2020, la commissione riferisce di aver indagato su 63 ministri, mentre i funzionari di vario grado e i direttori generali accusati sono stati 449. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone legate alla produzione e distribuzione dell’elettricità.

Clima di paura
Ma in questa guerra di accuse nessun organismo ufficiale osa menzionare il ruolo delle milizie nell’aumento della corruzione. I gruppi armati cercano di mantenere lo stato di guerra e instabilità per salvaguardare i loro profitti derivanti dalle attività illegali, come il traffico di armi, droghe ed esseri umani.

Aumentando di numero (160 circa, alcune delle quali registrate ufficialmente, altre no) le milizie hanno creato un clima di paura così da ottenere grandi contratti con lo stato. Sono loro a spingere con forza per le elezioni, per poter mantenere il proprio ruolo di controllo dietro le quinte.

E si prevede che nel prossimo parlamento saranno le tre coalizioni con le rispettive milizie alle spalle a controllare la maggioranza dei seggi.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it