06 dicembre 2021 16:05

A 40 giorni dalla fine delle elezioni irachene del 10 ottobre i risultati sono ancora oggetto di un aspro conflitto.

Dopo aver nuovamente smistato e contato i voti, la commissione elettorale ha dichiarato il risultato finale, che si scosta dal precedente per soli cinque seggi. I vincitori restano vincitori, e i perdenti rimangono perdenti. Tuttavia i perdenti, per lo più partiti che dipendono da milizie, stanno ancora mobilitando i loro seguaci in manifestazioni di piazza che circondano la zona verde dove ha sede il governo, una minaccia concepita per ostacolare la formazione di un nuovo governo e del nuovo parlamento. Immediatamente dopo la diffusione del rapporto della commissione elettorale sono scoppiati scontri tra i manifestanti e le forze di sicurezza della zona verde, dove ci sono state 12 vittime tra morti e feriti.

Il vincitore principale, il movimento sadrista, ha mantenuto i suoi seggi anche dopo il riconteggio (73 sul totale dei 329 deputati del parlamento). Ma l’opposizione chiede di annullare i risultati di queste elezioni e di annunciare una nuova consultazione a breve termine, pur sapendo che è impossibile dopo che gli organi nazionali e internazionali hanno approvato le elezioni legittime e pacifiche di ottobre. “È una dimostrazione di forza per imporre ai vincitori il fatto che qui non è questione di chi ha vinto o chi ha perso, e che loro sono figure importanti per determinare il prossimo governo”, spiega lo studioso Aqeel Abbas.

Il 2 dicembre si è tenuto un incontro senza scambio di baci né strette di mano tra le formazioni uscite vincenti e quelle perdenti, per tentare di ridurre il divario tra le due. Se raggiungeranno un compromesso torneremo al punto di partenza: un governo della muhassasa (il sistema di spartizione per quote confessionali) che coinvolgerà tutti i partiti, vincenti e perdenti. Ma il vincitore Muqtada al Sadr resta fedele alla sua decisione di formare un governo di maggioranza, e subito dopo l’incontro ha dichiarato con un tweet: “Un governo né occidentale né orientale, ma un governo di maggioranza”.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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