25 ottobre 2018 12:39

“Non ho sentito niente quella notte, ma qui su via dei Lucani ogni notte è un via vai continuo di persone”, dice Carlo Patrese, 75 anni, un anziano senza dimora che vive da quattro anni circondato da libri e vestiti usati in una delle baracche adiacenti a quella dove la notte tra il 18 e 19 ottobre è stata trovata morta Desirée Mariottini, una ragazza di 16 anni, originaria di Cisterna di Latina. Si era allontanata da casa dicendo che sarebbe andata a dormire da un’amica. Le circostanze della sua morte sono ancora da chiarire: s’indaga per omicidio e per stupro. Il 25 ottobre sono stati fermati tre uomini, due di origine senegalese e un nigeriano. Sul caso sta indagando la procura di Roma.

Il corpo di Mariottini è stato trovato il 20 ottobre tra via dei Lucani e via degli Anamari: 16mila metri quadrati di capannoni abbandonati nel quartiere San Lorenzo, un agglomerato di costruzioni basse e fatiscenti circondate da una cinta muraria, dove anni fa sorgevano botteghe di artigiani e garage, che sono state gradualmente dismesse. L’ultimo ad andarsene qualche mese fa è stato l’ombrellaio.

A pochi metri dagli spazi dello scalo ferroviario di San Lorenzo, bombardati durante la seconda guerra mondiale nel luglio del 1943, la zona non è mai stata riqualificata. Una parte dell’area è sotto sequestro per la presenza di amianto. Nel corso degli anni, sono stati ipotizzati diversi piani per il suo recupero che non sono mai partiti e l’area è diventata una piazza di spaccio e un rifugio per senza dimora a ridosso delle mura Aureliane, a due passi dalla stazione Termini. Sul cancello che chiude uno degli ingressi, al civico 22, qualcuno ha scritto: “Giustizia per Desirée, San Lorenzo non ti dimentica”, altri hanno portato mazzi di fiori bianchi.

Cacciato dal quartiere
Il 24 ottobre, una settimana dopo la morte di Mariottini, alle 11.30 di mattina il ministro dell’interno Matteo Salvini ha pubblicato una foto su Twitter. Era seduto a un tavolo insieme alla sindaca di Roma Virginia Raggi e annunciava che sarebbe andato nel quartiere dove è morta la ragazza: “Ho raggiunto d’urgenza il Comitato ordine e sicurezza pubblica di Roma e poi andrò a San Lorenzo con un pensiero a Desirée. Una ragazza di 16 anni non può morire stuprata così in un quartiere ricettacolo di criminali e spacciatori. Vado a vedere di persona”.

Un’ora dopo il ministro era in diretta su Facebook da via dei Lucani, ma ad aspettarlo ha trovato un gruppo di studenti, di attivisti e di abitanti del quartiere che gli hanno impedito di raggiungere il civico 22. “Sciacallo, sciacallo”, hanno gridato le attiviste del movimento femminista Non una di meno, che si riunisce spesso proprio a San Lorenzo, vecchio quartiere operaio e poi roccaforte della sinistra extraparlamentare romana.

“Fuori Salvini dai quartieri”, hanno urlato le universitarie. Un anziano ha sventolato una bandiera dell’Associazione nazionale partigiani italiani (Anpi). Una cinquantina di telecamere erano fisse sul ministro, mentre la polizia e le guardie del corpo gli hanno creato un cordone di sicurezza intorno per impedire ai manifestanti di toccarlo. “La violenza non ha passaporto, vattene Salvini che lucri sopra un morto”, hanno continuato le ragazze, mentre il vicepremier è stato costretto ad andarsene, promettendo di schierare più polizia nel quartiere e di tornare con la ruspa. In realtà è tornato un paio d’ore dopo, senza annunciarlo, per il timore di essere ancora contestato.

“Questa ragazza morta poteva essere mia sorella”, ha commentato Marco, un ragazzo di 18 anni che vive proprio in via dei Lucani. Anche lui era sceso in strada per protestare contro Salvini. “Solo quando succede qualche tragedia si vedono i politici da queste parti. Lo spaccio a San Lorenzo è una realtà da molto tempo, tutti sanno, ma nessuno ha mai fatto niente”, ha continuato il ragazzo con le lacrime agli occhi. Isabella Troisi, del collettivo studentesco Sapienza clandestina, era in testa al corteo improvvisato e teneva uno striscione rosso.

“L’Italia è uno dei paesi dove la violenza contro le donne è più diffusa, la violenza non ha nazionalità, gli stupri non hanno nazionalità. Salvini vuole strumentalizzare la morte di questa ragazza nella sua battaglia contro gli immigrati, promette di schierare più polizia. Ma la polizia non serve, ci sono stati altri episodi drammatici nonostante la presenza delle forze dell’ordine. Chiediamo più centri antiviolenza, più stato sociale, più sostegno alle donne”, ha detto la ragazza, sotto al murale dello street artist Diamond, dipinto sulla recinzione dei capannoni abbandonati: un dragone bianco e nero con una testa di donna.

Un gruppo di una decina di persone, soprattutto donne, si è avvicinato al ministro perché voleva parlare con lui. “Salvini non ci abbandonare, vogliamo i fatti non le chiacchiere”, gli hanno gridato. Un uomo anziano ha urlato: “Lei è il primo ministro che viene qui a San Lorenzo”. Altri si sono scagliati contro le attiviste, le hanno insultate: “Siete delle lesbiche, state zitte”. Un altro ha gridato: “Queste terzomondiste sono le metastasi della sinistra”.

I mezzi d’informazione hanno molto indugiato sulle divisioni degli abitanti di San Lorenzo, ma i manifestanti hanno segnalato che alcuni dei sostenitori improvvisati di Salvini sarebbero parenti di alcuni spacciatori della zona, che vogliono fare piazza pulita degli spacciatori avversari. Insomma una contesa per il controllo del territorio e del mercato locale di stupefacenti. Andandosene, Salvini se l’è presa con i centri sociali e ha promesso il pugno duro contro le occupazioni e un piano straordinario per gli sgomberi a Roma. I toni del vicepremier anche contro l’amministrazione cinquestelle romana fanno presagire una nuova campagna elettorale e un nuovo obiettivo: la capitale.

Spaccio e speculazione
La presidente del secondo municipio Francesca Del Bello del Partito democratico era in via dei Lucani quando il ministro, circondato dai giornalisti, è risalito in macchina e se n’è andato. Avrebbe voluto parlargli, si aspettava che Salvini chiedesse qualche informazione alle autorità locali, ma non è riuscita nemmeno a scambiarci una parola. Aveva in mano un fascicolo in cui era documentata tutta la storia dell’area, le denunce che sono state presentate dalle autorità locali alla prefettura. “Sento una grande responsabilità per quello che è successo, è morta una ragazza, in una situazione che era fuori controllo da tempo. Questa morte si poteva evitare”, ha commentato.

L’ultima segnalazione, indirizzata alla prefettura, risale al 10 ottobre 2018, la prima è del 10 aprile. In questo lasso di tempo, l’unico intervento approvato è stato la chiusura di una parte del muro che circonda l’area a giugno del 2018, per impedire l’accesso. Ma non è stato un intervento risolutivo. “Il 24 aprile 2018 avevamo convocato i tre proprietari dell’area: la Tunda Orange immobiliare, la Santarelli e gli eredi D’Antoni. Avevamo chiesto l’abbattimento dei capannoni, proprio perché da diversi sopralluoghi risultava che le strutture erano usate da senza fissa dimora, quasi tutti immigrati regolari. Sapevamo che c’era un’attività di spaccio all’interno”, afferma Del Bello. “La polizia era intervenuta più volte, ma ogni volta, dopo un po’ di tempo, il posto tornava a essere usato dagli spacciatori”.

I proprietari, secondo Del Bello, si sono sempre opposti all’abbattimento dei capannoni, per ragioni speculative: “Abbattere le strutture avrebbe impedito la ricostruzione di edifici con gli stessi volumi”. Dal 2006 esiste un piano di riqualificazione della zona chiamato Progetto urbano San Lorenzo. Il piano si è arenato più volte, per poi riprendere nel 2010 e infine arrivare a una definizione con la giunta di Ignazio Marino, quando l’assessore all’urbanistica era Giovanni Caudo. Quel progetto, che prevedeva la bonifica e la riqualificazione dell’area, avrebbe solo dovuto essere approvato dal consiglio comunale, ma è naufragato perché la giunta è caduta nel 2015.

“Le istituzioni devono lavorare insieme contro la violenza, non devono essere divise, né tanto meno devono alimentare divisioni. È inaccettabile l’atteggiamento di Salvini”, ha concluso Del Bello. La presidente del secondo municipio non è stata l’unica a non apprezzare l’intervento del ministro dell’interno. Anche la sindaca Virginia Raggi, come se si fosse nel pieno di una campagna elettorale, ha dichiarato che “la Lega non conosce Roma”.

Poi ha emanato un’ordinanza che vieta la vendita di alcolici nel quartiere dopo le 21. Il vicepremier Di Maio su Facebook, invece, ha chiesto poteri speciali per la sindaca della capitale e ha annunciato che proverà a inserire un emendamento nel decreto sicurezza in discussione al senato: “Come governo inseriremo un emendamento per iniziare ad ampliare i poteri di Roma Capitale e del suo sindaco”. Di Maio ha poi evocato la morte di Giovanna Reggiani, una donna uccisa il 30 ottobre del 2007 a Tor di Quinto da un immigrato romeno, un omicidio che fu uno spartiacque nelle politiche securitarie della città e che influenzò profondamente anche le vicende politiche di Roma.

Pugno duro contro le occupazioni
Lasciando via dei Lucani, Salvini ha individuato una serie di responsabili: ha criticato la giunta di Virginia Raggi e le giunte precedenti, poi ha dichiarato guerra ai centri sociali del quartiere, accusati di non avergli fatto raggiungere il luogo della morte di Mariottini, infine ha annunciato che comincerà una nuova stagione di sgomberi. In risposta a Salvini, gli attivisti hanno convocato un presidio di solidarietà per Desirée Mariottini e la sua famiglia il 26 ottobre alle 18, nella piazza centrale del quartiere, piazza dell’Immacolata.

Secondo i dati del ministero dell’interno, a Roma come nel resto d’Italia i reati sono in calo, anche se la diffusione degli stupefacenti e gli stupri invece sono in aumento. Per gli attivisti, la città non ha bisogno di più polizia e forze dell’ordine, ma di più servizi e di politiche sociali che aiutino a colmare le disuguaglianze soprattutto in alcune aree della città.

Gli attivisti accusano Salvini di voler usare la morte della ragazza, invece, per colpire gli spazi sociali, favorendo ancora di più gli interessi criminali e speculativi. “Il luogo dove è morta Mariottini non è uno spazio occupato, ma è un luogo abbandonato da almeno dieci anni”, afferma Daniele del Nuovo Cinema Palazzo, uno dei centri sociali più attivi del quartiere. “Ma quello non è l’unico posto in cui lo spaccio è tollerato, ci sono piazze e strade”, continua Daniele.

“Il ministro confonde volutamente spazi occupati e spazi abbandonati. Tutti gli spazi sociali del quartiere hanno sempre preso posizione contro la speculazione, tanto che hanno dato vita a un osservatorio che si chiama Libera Repubblica di San Lorenzo che nel corso degli anni ha fermato diverse speculazioni”, continua Daniele.

Gli attivisti hanno denunciato lo spaccio, la presenza della criminalità organizzata vecchia e nuova, e una spregiudicata speculazione edilizia che nel corso degli anni ha trasformato un quartiere popolare in un villaggio per universitari, con decine di locali notturni che vivono di vendita di alcol di bassa qualità e a basso costo. Nelle strade intorno a questi locali, il mercato degli stupefacenti non conosce crisi. “Gli spazi sociali che offrono attività culturali sono l’unico argine all’abbandono in cui il quartiere versa da anni”, afferma l’attivista.

Anche Claudia dell’Esc è d’accordo: “Il quartiere è difficile perché è abbandonato, ma le realtà sociali sono le uniche che suppliscono a questo vuoto. Per esempio Non una di meno, il movimento femminista romano, si è riunito molte volte proprio a San Lorenzo, creando legami sociali e un’altra idea di sicurezza”. Si parla di “ruspa”, osserva Claudia, “quando invece si dovrebbe parlare di eroina, di spaccio, ma anche di marginalità sociale e di disuguaglianza, a San Lorenzo e in tutta la città”.

L’apertura di una discoteca nell’ex dogana, a pochi passi dai capannoni dove è stata trovata Desirée Mariottini “è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso in un quartiere già abbastanza provato. Ha sconvolto tutti gli equilibri di una zona di Roma che negli ultimi anni è stata lasciata in balia della movida”, afferma la giornalista e attivista Sarah Gainsforth, che ha seguito il contenzioso sull’ex dogana. L’unico argine, anche per Gainsforth, “sono state le librerie e gli spazi sociali del quartiere. Proprio quelli che Salvini vorrebbe colpire”.

Marco di Communia, un altro spazio sociale della zona, racconta che proprio gli attivisti hanno promosso di recente diversi progetti di recupero dell’area dello Scalo e di via di Lucani, e prima ancora hanno denunciato le situazioni di abbandono e di spaccio. “Interventi che però non sono stati sufficienti”, commenta. “Siamo preoccupati della forte strumentalizzazione di Salvini, è chiaro che userà questa morte tragica per colpire le reti sociali del quartiere. Tuttavia la reazione che abbiamo visto in via dei Lucani è un buon segnale della solidità della rete che abbiamo costruito in questi anni”.

Il timore degli attivisti, però, è che il quartiere ne esca diviso: “Problemi nel quartiere ce ne sono e temiamo che si percorra la via più facile, che però rischia soltanto di favorire gli stessi interessi speculativi che combattiamo da anni, in una specie di circolo vizioso, la ruspa apre la strada al cemento e alla mancanza di risposte strutturali e pubbliche a questo stato di abbandono”.

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