12 febbraio 2017 15:00

“Agire è la cosa migliore da fare quando la scienza è minacciata”, scrive Rush Holt in un editoriale di Science. Holt è il direttore della rivista e dell’Aaas, l’Associazione americana per l’avanzamento delle scienze. La presa di posizione nasce dalle iniziative del presidente Donald Trump e in particolare dal suo provvedimento sull’immigrazione, che voleva bloccare per 90 giorni gli arrivi da sette paesi: Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen.

Il rifiuto di ammettere i ricercatori stranieri è un affronto alla scienza, scrive Holt. In effetti, anche se è cominciata una battaglia legale, alcune conseguenze del provvedimento sono già evidenti. Dal 16 al 20 febbraio l’Aaas tiene il suo meeting annuale a Boston e alcuni scienziati invitati a parlare hanno rinunciato a partecipare. Per esempio, il matematico sudanese Mohamed Hassan ha dovuto cancellare il suo viaggio. Secondo Holt, il danno molto concreto alla scienza supera la poco convincente rivendicazione di una maggiore sicurezza nazionale.

Il problema è che il mondo scientifico si basa su alcune libertà, come quelle di comunicare, collaborare e di poter esprimere un’opinione diversa. Queste libertà sono messe a rischio dalla politica di Trump. Per esempio, le limitazioni alla comunicazione imposte ai ricercatori delle agenzie federali sono un ostacolo e così pure la selezione dei ricercatori sulla base della nazionalità. Anche il disprezzo per i fatti verificabili è un problema. I ricercatori tendono a non prendere posizione, per paura di perdere i fondi, mancanza di tempo o scarsa conoscenza dell’arena politica.

Tuttavia, per Holt “agire è la cosa migliore da fare quando la scienza è minacciata o quando la scienza può illuminare il dibattito pubblico”. Se per un ricercatore è sbagliato politicizzare la scienza, anche isolarsi ed evitare di intervenire quando sarebbe necessario è sbagliato. Nasce così l’appello di Holt alla comunità scientifica, affinché agisca, con tempi e modi ancora da decidere.

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