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Jair Bolsonaro positivo al tampone e le altre notizie sul virus

Test per il coronavirus a La Paz, Bolivia, il 5 luglio 2020. (Manuel Claure, Reuters/Contrasto)

Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro è risultato positivo al tampone per il covid-19. Lo ha annunciato al paese in un messaggio in diretta tv. Fin dall’inizio della pandemia il presidente, che ha 65 anni, ha minimizzato la gravità del virus, scontrandosi con i governatori che chiedevano misure drastiche di distanziamento e maggiori aiuti sanitari dal governo federale, e schierandosi con le persone che protestavano contro il lockdown. Inoltre il presidente ha continuato a partecipare a eventi sociali senza mascherina.

Il 5 luglio il ministro degli esteri Ernesto Araújo aveva diffuso una foto dei festeggiamenti per il giorno dell’indipendenza degli Stati Uniti all’ambasciata americana. Nella foto diffusa si vede che tutti i partecipanti, tra cui Bolsonaro, sono senza mascherina. Erano presenti anche il ministro della difesa Fernando Azevedo e il figlio del presidente.

A marzo, quando in Brasile c’era stato il primo caso di covid, Bolsonaro aveva pronunciato un discorso in cui minimizzava l’epidemia e diceva che se si fosse ammalato avrebbe facilmente sconfitto il virus grazie al suo “passato da atleta”.

Il Brasile è il secondo paese con più contagi al mondo.

Le altre notizie dal mondo

Ricercatori di tutto il mondo stanno lavorando alla prossima generazione di test per il coronavirus, da effettuare dal medico o a casa, senza bisogno di attrezzature costose o di personale altamente qualificato e in grado di dare i risultati in meno di un’ora. A differenza dei test più immediati attualmente disponibili, che spesso sono inaccurati, la nuova generazione di test dovrebbe dare risultati più affidabili. Ma la sperimentazione è ancora in una fase iniziale e ci vorranno mesi prima che i prodotti siano disponibili negli ambulatori.

Alcuni test in via di sviluppo prevedono di raccogliere la saliva in tubetti di plastica; altri di immergere i campioni dei pazienti in cocktail chimici che si illuminano quando individuano i geni del coronavirus; altri ancora di identificare le proteine del coronavirus nel giro di qualche minuto, usando uno strumento economico e facile da produrre in grande quantità.

Una volta distribuiti su vasta scala, scrive il New York Times, i test veloci potranno essere usati in ospedale, ma anche sul posto di lavoro e a scuola, e potrebbero arrivare a funzionare come un test di gravidanza, che dà un risultato positivo e negativo in pochi minuti e a casa. “Più i test saranno veloci e facili da usare, più saranno diffusi”, ha detto al New York Times Amesh Adalja del Johns Hopkins university center for health security. “Questo aiuterà le persone a tornare a una parvenza di normalità”.

  • Il 6 luglio Anthony Fauci, epidemiologo e principale consulente della Casa Bianca nella gestione dell’emergenza sanitaria, ha detto che gli Stati Uniti stanno ancora affrontando la prima ondata di contagi. Fauci ha sottolineato che nell’ultima settimana il paese ha registrato più di una volta 50mila casi al giorno, e che in molti stati, come il Texas, i contagi sono in costante aumento. Ha aggiunto che il paese è molto indietro rispetto a dove dovrebbe essere per pensare di arginare l’epidemia. Questo mentre il numero di morti nel paese ha superato quota 130mila. Il 6 luglio inoltre il comitato elettorale di Donald Trump ha annunciato che d’ora in poi chiederà alle persone che partecipano ai raduni del presidente di indossare una mascherina. Trump era stato criticato perché nei comizi organizzati nelle ultime settimane questa misura di sicurezza non era stata adottata. D’altro canto il presidente continua a minimizzare la gravità della situazione sanitaria. Infine il New York Times riporta la notizia che nel paese c’è ancora un problema di accesso ai tamponi. Molti mesi dopo l’inizio dell’epidemia, in molti stati non ci sono abbastanza test. Fare tamponi velocemente e a più persone possibile è fondamentale per controllare il virus nel lungo periodo.
  • L’area metropolitana di Melbourne, in Australia, tornerà alla fase tre del lockdown a partire dall’8 luglio per sei settimane, fino al 19 agosto. La decisione è stata presa dopo che nello stato di Victoria, di cui Melbourne è la capitale, sono stati registrati 191 nuovi casi di covid-19 dal 6 luglio, l’aumento quotidiano più forte dall’inizio della pandemia. In base alle nuove misure, la popolazione potrà uscire di casa solo per motivi medici, di lavoro, di studio, per fare esercizio fisico nei pressi della propria abitazione o per fare la spesa. Non si potranno avere ospiti né fare raduni all’aperto di più di due persone.
  • In Sudafrica, il paese più colpito del continente africano, sono stati superati i duecentomila casi di covid-19, mentre i decessi sono più di tremila. Secondo il quotidiano sudafricano Times, solo nell’ultimo mese ci sono stati 160mila contagi. Le autorità sanitarie temono un picco nelle infezioni dopo che le misure del contenimento del virus, imposte alla fine di marzo, sono state allentate a giugno. Le autorità della provincia di Gauteng, dove si trova Johannesburg, hanno chiesto al governo di reintrodurre un lockdown più rigido, ma il 3 luglio il presidente Cyril Ramaphosa ha detto che al momento non si prevedono misure del genere.
  • Il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, il 6 luglio ha annunciato una “riapertura graduale” del paese. Sarà eliminato il divieto di viaggiare all’interno dei confini nazionali e i voli internazionali riprenderanno dal 1 agosto. Il Kenya ha registrato ottomila casi di covid-19, con 164 decessi, il bilancio più grave dell’Africa orientale, e nelle ultime settimane c’è stato un aumento dei contagi. Ma dopo quasi quattro mesi di restrizioni, sono cresciute le pressioni sul presidente per far riprendere un’economia colpita soprattutto in alcuni settori chiave, come il turismo. Il coprifuoco tra le 21 e le 4 di mattina resterà in vigore per altri trenta giorni. Kenyatta ha precisato che non esiterà a imporre di nuovo il lockdown se la situazione dovesse peggiorare.
  • Un rapporto pubblicato il 6 luglio dal Data evaluation and learning for viral epidemics (Delve), un gruppo di ricercatori indipendenti riunito dalla Royal society, ha rivelato che il 10 per cento dei contagi di covid-19 tra il 26 aprile e il 7 giugno in Inghilterra hanno riguardato lavoratori del settore sanitario o di quello dell’assistenza. Nell’1 per cento dei casi le infezioni sono avvenute in ospedale, nel 6 per cento nelle case di cura. Il rapporto ha anche sottolineato che i lavoratori del settore sanitario che appartengono alle minoranze nera e asiatica sono particolarmente a rischio di contrarre il virus.
  • Un gruppo di ricerca della Rutgers university, negli Stati Uniti, ha invece rilevato che l’asma non sembra aumentare il rischio di contrarre il virus né influenzare la gravità della malattia. Reynold A. Panettieri Jr., direttore del Rutgers institute for translational medicine and science e tra gli autori dello studio, ha spiegato che l’età avanzata e patologie come problemi al cuore, ipertensione, diabete e obesità “sono fattori di rischio per lo sviluppo e la progressione del covid-19”, mentre “le persone con l’asma non sembrano essere più colpite dal Sars-cov-2 rispetto ai non asmatici”. I dati sono ancora limitati, ha precisato Panettieri, e questioni importanti devono ancora essere affrontate. In particolare non è chiaro se il fatto che gli asmatici non sono più a rischio di altri sia fisiologico o “il risultato delle cure antinfiammatorie”.
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