Voci da una normalità perduta
Ancora oggi quando partecipa a manifestazioni o eventi particolarmente affollati si sente nervosa e non smette a guardarsi continuamente intorno, accusando inutilmente nella sua testa persone innocenti. Si tiene stretta a sè i suoi figli finché le loro piccole mani cominciano a sudare e sente che con un filo di voce le chiedono di lasciargli le manine.
Stai mettendo ansia inutilmente, le dicono tutti. Quello che deve succedere, succede. “Sì sì, lo so”, risponde quasi contenta quando la piccola le chiede di accompagnarla al bagno.
Gli attentati non succedono nelle toilettes, non si è mai sentito di qualcuno ucciso mentre era seduto in bagno, pensa, ma poi si ricorda che non ci sono regole ed è tutta una questione di probabilità.
Inizialmente pensava che si trattasse di una sindrome post traumatica che non le era mai stata diagnosticata. Ha consumato così tanta violenza trasmessa in tv che oggi saprebbe descrivere a occhi chiusi un caffè, un negozio, una fermata di autobus colpiti da un attentato. Conosce il tono dei cronisti: inizialmente angosciato e poi piano piano standardizzato, fino a diventare monotono e privo di emozioni quando riferiscono i numeri e i nomi che accompagnano le immagini.
Al di fuori della sua testa, o almeno così pensa, sente diversi voci che chiedono se tutto ciò che sta succedendo è normale. L’aeroporto di Roma che si ferma per più di tre ore per lo scherzo di un passeggero, un uomo squilibrato che a Prato minaccia di ripetere la strage di Parigi. Non è normale rispondere alle voci. Non è così che dovrebbe andare.
Quando abitava ancora nel suo paese, sapeva che la morte, anche se mai giustificata, faceva parte di un’insana e complessa dinamica. Di fronte al dolore e alle lacrime che cercavano spiegazioni, peraltro mai arrivate, sentiva parlare di uno stato di guerra, di una situazione complicata, di conflitti geopolitici, di guerre infinite. Ultimamente e senza quasi accorgersene l’elenco delle possibili spiegazioni si è preoccupantemente allungato includendo la religione, la satira o la libertà di espressione, che ora sono “giustificate”.