×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

Operatori sanitari trasportano un bambino di 8 anni, sospettato di aver contratto il virus dell’ebola, al centro di cure J.F.K. di Monrovia, in Liberia, il 5 settembre 2014. (Daniel Berehulak, The New York Times/Contrasto)
Abitanti di West Point a Monrovia, in Liberia, protestano contro la quarantena imposta nel quartiere a causa della diffusione del virus dell’ebola, il 25 agosto 2014. (Daniel Berehulak, The New York Times/Contrasto)
Junior Samuel, 8 anni, sopravvissuto al virus dell’ebola, parla con alcuni operatori sanitari a Suakoko, in Liberia, il 18 ottobre 2014. (Daniel Berehulak, The New York Times/Contrasto)
Operatori sanitari in preghiera prima di cominciare le visite nel centro di cura per i malati di ebola a Gbarnga nella contea di Bong, in Liberia, il 6 ottobre 2014. (Daniel Berehulak, The New York Times/Contrasto)
Un paziente nel cortile di un centro di cura per i pazienti contagiati dal virus dell’ebola, a Gbarnga nella contea di Bong, in Liberia, il 4 ottobre 2014. (Daniel Berehulak, The New York Times/Contrasto)
Bureh Beach a Freetown, in Sierra Leone, il 26 novembre 2014. (Daniel Berehulak, The New York Times/Contrasto)
Un abitante di Maldahiya, una colonia di circa cento famiglie dei dalit (intoccabili, appartenenti alla casta più bassa), a Varanasi, in India, il 7 luglio 2014. (Daniel Berehulak, The New York Times/Contrasto)
Alcuni bambini giocano in una favela di Rio de Janeiro, in Brasile, il 17 febbraio 2014. (Daniel Berehulak, The New York Times/Contrasto)

Come sono diventato fotografo dell’anno

L’australiano Daniel Berehulak è stato nominato fotografo dell’anno nella sezione reportage alla 72ª edizione della Pictures of the year international (Poyi).

Il portfolio con cui ha vinto il premio raccoglie principalmente immagini selezionate dai suoi reportage sulla diffusione del virus dell’ebola in Africa occidentale, ma include anche scatti realizzati durante le elezioni in India e la recessione del Brasile.

Berehulak è arrivato a Monrovia, in Liberia, nell’agosto del 2014, insieme al corrispondente del New York Times Norimitsu Onishi. Portava con sé 300 paia di guanti, 35 tute protettive e poi maschere, occhiali e disinfettante per le mani. “La situazione in Liberia era diversa da quello a cui i fotografi sono normalmente abituati. Parlavo spesso con Daniel chiedendogli di stare sempre attento e di seguire tutte le procedure per proteggersi”, racconta il photoeditor del New York Times David Furst. “Mi assicuravo che avesse dei momenti di relax affinché riuscisse a continuare a concentrarsi sulla storia” continua Furst. E il fotografo confessa che l’aspetto più difficile da accettare, oltre a vedere ogni giorno tante vittime, era la quasi totale negazione da parte delle comunità locali dell’esistenza del virus.

Berehulak è stato scelto tra i finalisti del premio Pulitzer nel 2011 con un reportage sulle alluvioni in Pakistan e nel 2013 ha deciso di uscire dall’agenzia Getty Images per fare il freelance: “Sto ancora crescendo come fotografo. Sto cercando di imparare di più come giornalista e capire meglio la storia che sto fotografando per comunicare in maniera diversa con le mie immagini”, spiega in un’intervista al New York Times.

Tra gli altri finalisti della Poyi ci sono John Moore per la categoria New picture story con il suo lavoro sull’ebola in Liberia, David Chancellor che ha vinto l’Environmental vision award con il suo progetto With butterflies and warriors e Lisa Krantz che ha ricevuto il Community awareness award con un progetto sull’obesità.

pubblicità