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Una sostenitrice dell’ex leader libico Muammar Gheddafi durante una protesta a Tripoli, il 17 giugno 2011. (Moises Saman, Magnum/Contrasto)
Volontari puliscono piazza Tahrir dopo le manifestazioni, il 12 febbraio 2011. (Moises Saman, The New York Times/Contrasto)
Sostenitori del partito islamico Ennahda ascoltano un discorso del fondatore Rachid Al Ghannushi a Kasserine, in Tunisia, il 20 ottobre 2011. (Moises Saman, The New York Times/Contrasto)
Un sostenitore dell’ex leader libico Muammar Gheddafi durante una manifestazione a Zawiya, il 15 giugno 2011. (Moises Saman, The New York Times/Contrasto)
Una protesta a piazza Tahrir al Cairo, in Egitto, il 20 novembre 2011. (Moises Saman, The New York Times/Contrasto)
Una barricata costruita dai manifestanti durante le proteste contro il regime del presidente siriano Bashar al Assad ad Hama, il 16 luglio 2011. (Moises Saman, The New York Times/Contrasto)
Abdel-Rahman, elettricista part-time e studente, scrive canzoni contro il regime di Bashar al Assad, ad Hama in Siria, il 16 luglio 2011. (Moises Saman, The New York Times/Contrasto)
Seif al-Islam Gheddafi, il figlio del leader libico, il 3 agosto 2011. (Moises Saman, The New York Times/Contrasto)

La primavera araba di Moises Saman

Il fotoreporter dell’agenzia Magnum Moises Saman ha vinto la borsa di studio della fondazione Guggenheim. Creato nel 1925, il concorso sostiene il lavoro di artisti internazionali che si dedicano a progetti a lungo termine.

Saman ha vinto con le immagini che ha scattato nel corso della primavera araba, a partire dal 2011, tra la Tunisia, la Libia, l’Egitto, il Libano, la Siria e il Kurdistan. In un’intervista al New Yorker il fotografo peruviano ha raccontato che non si aspettava di poter vincere il premio, ma che ha inviato il suo lavoro perché fin dall’inizio non lo ha mai visto come un progetto puramente giornalistico, ma piuttosto come l’esplorazione della sua esperienza personale con la primavera araba.

Le immagini vincitrici, molte delle quali commissionate dal New York Times e pubblicate da numerose riviste internazionali, sono state in seguito raccolte in un progetto chiamato Discordia: the arab spring. Nel portfolio sono state incluse “anche delle immagini più statiche, quelle che non vengono di solito scelte dai giornali, ma che raccontano il momento prima o dopo l’evento principale”, spiega ancora Saman.

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