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New York, 1975. (Joel Meyerowitz)
Parigi, 1967. (Joel Meyerowitz)
Dairy Land, Provincetown, Massachusetts, Stati Uniti, 1976. (Joel Meyerowitz)
Ballston beach, Truro, Massachusetts, Stati Uniti, 1976. (Joel Meyerowitz)
Parigi, 1967. (Joel Meyerowitz)
World trade center, New York, 2001. (Joel Meyerowitz)
Truro, Massachusetts, Stati Uniti, 1976. (Joel Meyerowitz)
Lago Anawanda, New York, 1970. (Joel Meyerowitz)
New York, 1976. (Joel Meyerowitz)
New York, 1965. (Joel Meyerowitz)

Le strade della seduzione

Taking my time è una retrospettiva, ospitata a Milano alla galleria Area35 fino al 30 ottobre 2015, dedicata al lavoro del fotografo statunitense Joel Meyerowitz. Dai suoi esordi negli anni sessanta a oggi, l’esposizione è il diario visivo di un artista che per oltre mezzo secolo ha catturato momenti, spesso frazioni di secondo, e ha saputo renderli eterni.

Meyerowitz lavorava come direttore artistico in un’agenzia di comunicazione quando incontrò il fotografo Robert Frank, nel 1962, che stava scattando delle immagini per una campagna di moda. I movimenti di Frank catturarono talmente l’attenzione di Meyerowitz che, tornando a casa per le strade di New York, non riusciva a distogliere lo sguardo da quello che gli accadeva intorno: “Era come leggere un testo tra quei marciapiedi, li vedevo come non li avevo mai visti prima”, racconta Meyerowitz. Il giorno dopo lasciò il lavoro e prese la sua prima macchina fotografica.

Meyerowitz è oggi uno degli street photographer più conosciuti al mondo. Influenzato dallo stile di Henri Cartier-Bresson e Eugène Atget, ha raccontato la vita di tutti i giorni in numerose città europee e statunitensi, anche se le strade caotiche di New York rimangono il suo set preferito: “Nessun’altra strada è così seducente come la Fifth avenue, capace di combinare eleganza e povertà allo stesso tempo”, spiega Meyerowitz.

La mostra a Milano fa parte della rassegna Hungry eyes, realizzata dal festival internazionale di fotografia Cortona on the move. Le quasi cinquanta immagini esposte includono i paesaggi in grande formato di Cape Cod colti nella luce naturale, i ritratti del lavoro Redheads in cui ha fotografato solo persone con i capelli rossi e le immagini scattate a Ground zero nei mesi successivi agli attacchi dell’11 settembre 2001. Oltre a molte scene ironiche e spesso ambigue delle strade di New York dove ha potuto cogliere “la profondità delle ombre e la brillantezza della luce del sole”.

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