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Marang Zau Ring, 22 anni, il 27 aprile 2015. Ha perso il braccio da bambino giocando vicino a un generatore elettrico. Marang racconta: “Non lavoravo, non facevo niente. I miei amici mi davano i soldi, io andavo oltre il confine a prendere l’eroina e loro in cambio me la offrivano. Quando uscirò da qui non so cosa farò. È la seconda volta che mi portano qui dentro, adesso sono otto mesi”. (Nicola Longobardi)
Laiza, il 27 aprile 2015. Chi è positivo al test delle urine durante i controlli in strada, viene immediatamente portato dentro un centro di disintossicazione dove passerà minimo sei mesi. (Nicola Longobardi)
Laiza, il 3 maggio 2015. Leggere la Bibbia e cantare durante la messa sono le uniche attività oltre al lavoro che hanno gli ospiti del centro. (Nicola Longobardi)
Laiza, il 22 aprile 2015. La cena viene passata attraverso le sbarre delle stanze dove gli ospiti del centro vivono. (Nicola Longobardi)
Ai Pan, 80 anni, a Laiza, il 29 aprile 2015.”A 31 anni ho avuto un incidente e mi sono infortunato il torace. Il dolore certe volte era così forte che non potevo respirare. Così ho iniziato a usare l’oppio, e poi sono passato all’eroina”. (Nicola Longobardi)
Il centro di disintossicazione di Laiza, il 28 aprile 2015. (Nicola Longobardi)
Laiza, il 28 aprile 2015. Gli ufficiali del Kia che gestiscono il centro di disintossicazione legano con le catene i piedi di chi tenta la fuga. (Nicola Longobardi)
Il centro di disintossicazione di Laiza, il 28 aprile 2015. (Nicola Longobardi)
Un posto di controllo sulla strada che porta alla città di Laiza, il 27 aprile 2015. (Nicola Longobardi)
La stanza numero 1 del centro di disintossicazione di Laiza, il 27 aprile 2015. (Nicola Longobardi)

Prigionieri dell’eroina

“La droga è un’arma nelle mani del governo per distruggere la nostra gente”. Questa è la convinzione radicata tra gli abitanti dello stato del Kachin, nel nord della Birmania, dove il problema della tossicodipendenza è amplificato dall’indifferenza delle autorità di Rangoon e dai prezzi molto bassi del mercato.

In questo scenario drammatico, i ribelli dell’Esercito per l’indipendenza del Kachin (Kia, il braccio armato dell’Organizzazione per l’indipendenza del Kachin, che chiede una maggior autonomia per il loro stato ) cercano di lottare contro il problema della tossicodipendenza. Ma spesso, secondo alcuni osservatori, si sono concentrati più sui consumatori che contro i trafficanti dell’eroina, vero punto cruciale della questione.

Il Kia ricorre fondamentalmente a due metodi: il controllo del territorio e i centri di recupero. Per decidere se qualcuno ha bisogno di un periodo di riabilitazione, viene prima di tutto effettuato un test. Se l’analisi è positiva la persona fermata viene arrestata e portata in un centro di recupero, senza nessuna possibilità di obiezione. La permanenza è di minimo sei mesi. Capita spesso che i pazienti siano in realtà dei consumatori occasionali o che abbiano fatto ricorso all’eroina come antidolorifico dopo un intervento o per una ferita di guerra.

Tra aprile e maggio del 2015 il fotografo Nicola Longobardi ha trascorso due settimane all’interno di due centri di disintossicazione nelle città di Mayjiayang e di Laiza, dove si trova il quartier generale del Kia.

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