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Nella spiaggia dell’Arenella la festa è finita, Palermo, 1986. (Letizia Battaglia)
La conta. Dopo la processione dei misteri gli uomini contano i soldi delle offerte, Trapani, 1992. (Letizia Battaglia)
È stato ucciso mentre andava in garage a prendere la macchina, Palermo, 1976. (Letizia Battaglia)
La donna e i suoi bambini stanno sempre a letto. In casa non ci sono né luce né acqua, Palermo, 1978. (Letizia Battaglia)
L’arresto del feroce boss mafioso Leoluca Bagarella, Palermo, 1980. (Letizia Battaglia)
Quartiere Borgo vecchio, la polizia ha appena ucciso un giovane che stava fuggendo, Palermo, 1986. (Letizia Battaglia)
Ricevimento aristocratico in giardino con volpe morta, Palermo, 1987. (Letizia Battaglia)
Ucciso dalla mafia, Bagheria, 1976. (Letizia Battaglia)
Festa del giorno dei morti. I bambini giocano con le armi, Palermo, 1986. (Letizia Battaglia)
La bambina con il pallone, quartiere la Cala, Palermo, 1980. (Letizia Battaglia)

La dolce disperazione di Letizia Battaglia

“È capitato che abbia fatto per molti anni la fotografa e che fare la fotografa mi piaccia tanto, ma sicuramente potrei rinunciare a farlo per andarmene davanti al mare e vivere senza più fare niente”. È la confessione che fa Letizia Battaglia a Giovanna Calvenzi nel libro Sulle ferite dei suoi sogni, pubblicato nel 2010 da Bruno Mondadori.

Battaglia è una delle fotografe italiane più premiate al livello internazionale – è stata la prima a ricevere, insieme a Donna Ferrato, l’Eugene Smith grant – ed è anche un’editrice, un’attivista politica, un’ambientalista e una regista. Ma il suo nome è soprattutto legato a vent’anni di reportage a Palermo, tra storie di mafia, miseria e solitudine. “Non è semplice fare la fotografa quando ti trovi davanti il cadavere di qualcuno che qualche attimo prima era ancora vivo. In queste situazioni ho fatto il mio lavoro, ho fotografato, cercando di mettere la foto a fuoco e scegliere l’esposizione corretta”, ha raccontato Battaglia.

Accanto ai luoghi delle stragi, ai giudici, ai politici e alle vittime degli omicidi mafiosi, nelle sue immagini ci sono donne, bambini, anziani e poi le feste tradizionali e le processioni nei paesi, in uno sguardo unico che ha fatto conoscere la storia della sua città e della sua isola. Una città che la divide a metà: “La mia relazione con Palermo è da sempre un misto di rabbia e dolce disperazione. Vedo la sua sofferenza e mi fa arrabbiare. Vorrei lasciarla ma non ci riesco, devo ancora fare molto per lei”.

Una mostra nel capoluogo siciliano ne ripercorre il lavoro con più di 140 opere, molte inedite, ritrovate nei suoi archivi. Il percorso comincia dagli anni settanta a Milano, con le immagini delle contestazioni, degli scontri di piazza, e il racconto della vita intellettuale, colta attraverso i volti di artisti come Pier Paolo Pasolini fotografato al cinema Turati, Ezra Pound a Venezia e Franca Rame nella sua protesta teatrale. Si prosegue poi negli anni ottanta con le foto che raccontano i quartieri più poveri di Palermo, ma anche la borghesia e la nobiltà protagonista di feste e ricevimenti sfarzosi.

La mostra, a cura di Paolo Falcone, apre ai Cantieri culturali alla Zisa di Palermo il 6 marzo e dura fino all’8 maggio ed è accompagnata da un libro pubblicato dalla casa editrice Drago che affianca alle immagini i testi di critici e artisti internazionali tra cui Christian Caujolle, Wim Wenders, Graciela Iturbide e Fred Ritchin.

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