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Il cortile del santuario Meiji a Tokyo, 1951. (Werner Bischof, Magnum/Contrasto)
Americana, Stati Uniti, 1954. (Werner Bischof, Magnum)
Päuli Jucker, Zurigo, 1941. (Werner Bischof, Magnum)
Donne cham tornano dal mercato a Barau, Indocina, 1952. (Werner Bischof, Magnum)
Il porto di Kowloon, Hong Kong, 1952. (Werner Bischof, Magnum/Contrasto)
Seno con rete, Zurigo, 1941. (Werner Bischof, Magnum)
Il palazzo del parlamento a Berlino, 1946. (Werner Bischof, Magnum)

Lo sguardo sull’umanità di Werner Bischof

Per il centenario della nascita del fotoreporter svizzero Werner Bischof (1916-1954), il musée de l’Elysée a Losanna propone una grande retrospettiva, aperta fino al 1 maggio, articolata su due mostre: Helvetica e Point de vue.

Werner Bischof è stato senza dubbio uno dei più grandi fotoreporter del novecento. Nella sua città natale, Zurigo, studia fotografia con Hans Finsler e da professionista apre uno studio dove si dedica alla moda e alla pubblicità. Nel 1942 diventa un collaboratore del mensile svizzero Du. A questo periodo fa riferimento la mostra Helvetica, che racconta gli anni della formazione, in cui Bischof perfeziona la tecnica e si concentra sugli aspetti più formali della fotografia.

Nel 1945 guadagna fama internazionale con il suo reportage sulla devastazione causata dalla seconda guerra mondiale in Europa. Quattro anni dopo entra a far parte dell’agenzia fotografica Magnum, fondata a Parigi nel 1947 da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, George Rodger e David Seymour. È in questi anni che Bischof abbandona la moda e la pubblicità per raccontare il mondo con un approccio più documentaristico. Point de vue, che compone la seconda parte della retrospettiva, si sofferma proprio su questa fase della carriera di Bischof. Lontano dai sensazionalismi e ribadendo l’impegno etico del fotogiornalista, per gran parte della vita preferisce dare spazio all’essere umano, alla sua bellezza e complessità, evitando ogni falsificazione della realtà.

Nel dopoguerra compie molti viaggi in Asia e in America, da cui nascono alcuni dei reportage più famosi come quello sulla carestia in India (uscito su Life nel 1951) e il libro Japan, pubblicato nel 1954.

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