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Il fiume Basento e sullo sfondo l’area industriale di Ferrandina, provincia di Matera, 2015. Il fiume scorre tra i campi coltivati a grano e l’area industriale, per poi sfociare nel mar Ionio. (Vincenzo Montefinese)
Andrea Spartaco, giornalista ambientale di Basilicata24, negli uffici abbandonati della Materit, ex azienda che produceva amianto, a Ferrandina, in provincia di Matera, 2015. (Vincenzo Montefinese)
Craco, in provincia di Matera, 2015. (Vincenzo Montefinese)
La ciminiera della Tecnoparco, nel polo industriale della Val Basento in zona Pisticci Scalo, provincia di Matera, 2015. I rilevamenti effettuati nei terreni della zona confinante con l’azienda Tecnoparco e il fiume Basento hanno evidenziato la presenza di metalli pesanti, in particolare alluminio. (Vincenzo Montefinese)
Maddalena Chetti nella sua casa di Ferrandina, in provincia di Matera, con la foto di suo marito, morto nel 2015. Il marito ha lavorato per dodici anni nella Materit, un’azienda che si occupava della lavorazione di amianto. (Vincenzo Montefinese)
La spiaggia di Marina di Pisticci, in provincia di Matera, 2015. (Vincenzo Montefinese)
La ciminiera della Tecnoparco nel polo industriale della Val Basento, vista dalla pineta di Pisticci Scalo, provincia di Matera, 2015. Nel 2014 i vertici dell’azienda ricevono avvisi di garanzia della procura antimafia di Potenza che sospetta un traffico illecito di rifiuti lungo la filiera del petrolio, che comincia a Viggiano e termina a Pisticci scalo. Qui gran parte delle acque di produzione delle estrazioni petrolifere sono smaltite nell’impianto di trattamento reflui e sversate nel fiume Basento. (Vincenzo Montefinese)
La festa di san Giuseppe lavoratore a Pisticci Scalo, provincia di Matera, 2015. (Vincenzo Montefinese)
Il fiume Basento in zona Ferrandina, provincia di Matera, il cui inquinamento è causa di morte di varie specie ittiche. La foto è stata scattata nel 2015. (Vincenzo Montefinese)
La Val Basento, in provincia di Matera, una delle aree industriali più estese dell’Italia meridionale, 2015. (Vincenzo Montefinese)

L’amara Lucania

La Basilicata è la più grande riserva di idrocarburi d’Italia. Già prima dell’apertura dei giacimenti in val d’Agri – tra cui Tempa Rossa, oggi al centro delle inchieste dei magistrati di Potenza – in val Basento, tra gli anni cinquanta e sessanta, era stato scoperto un esteso giacimento di metano.

Il 31 luglio 1961 Enrico Mattei (presidente dell’Eni), Emilio Colombo (allora ministro dell’industria) e Amintore Fanfani (presidente del consiglio) posarono la prima pietra del complesso petrolchimico dell’Azienda nazionale idrogenazione combustibili di Pisticci. Quel giorno cambiò la storia di questo territorio, da sempre a vocazione agricola, mutandone profondamente il modello di sviluppo. In pochi anni, in una delle aree più povere del Mezzogiorno fu raggiunto un picco occupazionale di settemila lavoratori grazie alla trasformazione della val Basento in una delle aree industriali più estese del sud d’Italia.

Lo sviluppo si arrestò alla fine degli anni settanta con la crisi della chimica di base. Da allora si susseguono tentativi di deindustrializzazione e reindustrializzazione che hanno avuto un grave impatto in termini sociali, economici e ambientali.

Tra la fine degli anni novanta e gli inizi del duemila, la principale attività dell’area è stata quella della Tecnoparco, azienda controllata dall’Eni con sede a Pisticci, che si occupa dello smaltimento dei reflui petroliferi. Da quel momento, nelle acque superficiali e di falda del fiume Basento vengono rilevate sostanze velenose e cancerogene, come confermano le analisi effettuate dall’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale della Basilicata. I livelli di contaminazione hanno costretto i sindaci di Ferrandina e di Pisticci a vietare nel dicembre del 2013 l’uso delle acque per le persone e per gli animali.

Secondo uno studio effettuato dall’Istituto superiore di sanità in collaborazione con l’Istituto nazionale dei tumori di Milano, dal 1970 la percentuale di tumori maligni in Basilicata è vertiginosamente cresciuto e si prevede che questo dato resterà tale nel prossimo futuro. Per questo dal 2002 la val Basento è inserita tra i siti di interesse nazionale del Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale. Gli abitanti attribuiscono le cause dell’inquinamento alle scelte politiche locali, che sono andate incontro agli interessi delle grandi imprese – come l’Eni – lasciate libere di agire indisturbate nel territorio.

D’altro canto, i rapporti Istat dal 2003 al 2014 parlano della Basilicata come di una delle tre regioni più povere d’Italia, dato confermato dalle statistiche sull’emigrazione giovanile in costante aumento verso il nord Italia o altri paesi d’Europa.

Le foto di Vincenzo Montefinese sono state realizzate nel 2015.

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