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La bandiera armena nel villaggio di Madagis, nella regione di Martakert, nel Nagorno-Karabakh, febbraio 2016. (Karl Mancini e Gianmarco Maraviglia, Echo photo agency)
Yuri Adamyan, 18 anni, durante una lezione di canto al Liberal arts college Arsen Khachatryan di Shushi, nel Nagorno-Karabakh, febbraio 2016. (Karl Mancini e Gianmarco Maraviglia, Echo photo agency)
L’università di Artsak a Stepanakert, nel Nagorno-Karabakh, febbraio 2016. (Karl Mancini e Gianmarco Maraviglia, Echo photo agency)
Aper Armanovich, soldato della guardia d’onore, a Stepanakert, nel Nagorno-Karabakh, febbraio 2016. (Karl Mancini e Gianmarco Maraviglia, Echo photo agency)
Un uomo rimasto ferito durante la guerra degli anni novanta nella sua casa a Talish, nella regione di Martakert, nel Nagorno-Karabakh, febbraio 2016. (Karl Mancini e Gianmarco Maraviglia, Echo photo agency)
Il villaggio di Madagis, nella regione di Martakert, nel Nagorno-Karabakh, febbraio 2016. (Karl Mancini e Gianmarco Maraviglia, Echo photo agency)
Studentesse all’università di Artsak a Stepanakert, nel Nagorno-Karabakh, febbraio 2016. (Karl Mancini e Gianmarco Maraviglia, Echo photo agency)
Il monastero armeno di Gandzasar, nel Nagorno-Karabakh, febbraio 2016. (Karl Mancini e Gianmarco Maraviglia, Echo photo agency)
Uno studente in gita al monumento armeno chiamato Siamo le nostre montagne a Stepanakert, nel Nagorno-Karabakh, febbraio 2016. (Karl Mancini e Gianmarco Maraviglia, Echo photo agency)
Il villaggio di Vank, una delle aree più turistiche del Nagorno-Karabakh, febbraio 2016. (Karl Mancini e Gianmarco Maraviglia, Echo photo agency)

La doppia identità del Nagorno-Karabakh

Dopo quattro giorni di combattimenti e almeno 75 morti, nel Nagorno-Karabakh, la regione a maggioranza armena che vuole l’indipendenza dall’Azerbaigian, gli scontri si sono interrotti il pomeriggio del 5 aprile, dopo una tregua bilaterale.

La Russia, che ha organizzato un incontro tra i capi di stato maggiore delle forze armate azere e armene, rivendica un ruolo cruciale nella mediazione. Il presidente Vladimir Putin ha addirittura telefonato ai presidenti di Azerbaigian e Armenia e li ha esortati a firmare la tregua.

Quelli di questa settimana sono stati gli scontri più violenti dai tempi del conflitto nel Nagorno-Karabakh all’inizio degli anni novanta. La paura è che scoppi una nuova guerra in quella regione, strategica perché da lì passano gasdotti e oleodotti che riforniscono i mercati di tutto il mondo.

Le immagini sono state scattate da Karl Mancini e Gianmarco Maraviglia, a febbraio del 2016.

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