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Risata falsa, da Meccanismo della fisionomia umana, 1862. (Dr. Guillaume Duchenne (de Boulogne))
Cheat (barare). Facoltà di giornalismo della Moscow State University, 1984. (Valery Khristoforov)
New York, 11 settembre 2001. (Melanie Einzig)
Dopo una rapina nella sede della società di metalli preziosi Comptoir Lyon-Alemand, nel 1933. (Autore sconosciuto)
L’arma del delitto. Un uomo geloso ha sparato a sua moglie e al suo amante, Città del Messico, 1970. “Ho incluso l’ombra che mi ricordava le scene dei film di gangster”. (Enrique Metinides)
Una fila di sospettati per il riconoscimento in un dipartimento di polizia, nel 1933. (Autore sconosciuto)
Schedari bruciati, biblioteca e archivio nazionale dell’Iraq, Baghdad, aprile 2013. (Simon Norfolk)

Vedere per credere

La fotografia è da sempre considerata uno strumento di indagine e testimonianza, per esempio per documentare una scena del crimine, per esplorare nuovi pianeti, o per gli studi scientifici. Da quando è stata inventata, serve a provare qualcosa che è accaduto, che siano delle vacanze di famiglia o scene drammatiche da un conflitto.

Da questa premessa nasce la mostra The image as question, esposta alla galleria Michael Hoppen di Londra, in cui sono raccolte immagini scattate tra il diciannovesimo e il ventunesimo secolo. “Molte di queste immagini hanno fornito prove di teorie o eventi. E fuori del loro contesto, non forniscono più molte risposte, ma pongono nuove domande”, spiegano i curatori.

La maggior parte non è stata scattata con uno scopo estetico, ma con l’unico obiettivo di provare un fatto, o risolvere un mistero, o semplicemente per informare su qualcosa. “Guardate a distanza di tempo, acquistano una bellezza e dei significati indipendenti rispetto al momento in cui sono state scattate”, continuano i curatori.

Lo scopo della mostra è quello di riflettere su questi nuovi significati raggiunti, come nel caso delle immagini che l’artista Francis Bacon ha usato per realizzare alcune opere.

La mostra a Londra durerà fino al 26 novembre 2016.

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