×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

Tronchi d’albero sulle rive del fiume Doce a Paracatu, nello stato brasiliano di Minas Gerais, il 13 ottobre 2016. (Leo Correa, Ap/Ansa)
Geraldo de Oliveira vicino a quello che rimane della sua casa a Paracatu, il 13 ottobre 2016. (Leo Correa, Ap/Ansa)
Paracatu, il 13 ottobre 2016. (Leo Correa, Ap/Ansa)
Suely Gomes pulisce dal fango una statua di sant’Antonio del diciottesimo secolo, in un centro per il restauro a Mariana, il 14 ottobre 2016. Circa duemila icone religiose sono state danneggiate nella frana del 5 novembre 2015. (Leo Correa, Ap/Ansa)
Cani giocano tra le macerie di una casa a Paracatu, il 13 ottobre 2016. (Leo Correa, Ap/Ansa)
In una scuola di Paracatu, il 13 ottobre 2016. (Leo Correa, Ap/Ansa)
La preparazione di una pista inclinata per prevenire l’erosione causata dalla pioggia lungo le rive del fiume Doce, a Paracatu, il 13 ottobre 2016. (Leo Correa, Ap/Ansa)
Maria do Carmo Pereira Ramos con il marito José do Patrocinio de Oliveira a Mariana, il 13 ottobre 2016. La coppia ha dovuto lasciare Paracatu dopo la frana. (Leo Correa, Ap/Ansa)
Il teschio di una mucca messo su una recinzione a Paracatu, il 13 ottobre 2016. (Leo Correa, Ap/Ansa)

Un anno dopo il peggior disastro ambientale brasiliano

Quattrocento chilometri a nord di Rio de Janeiro, nello stato di Minas Gerais, si trova la più grande risorsa mineraria del Brasile e la più vasta riserva di ferro al mondo. Lo scorso novembre, due dighe contenenti vari milioni di acque reflue tossiche sono crollate, generando uno tsunami di fango che ha ucciso 19 persone e inondato interi villaggi. I fanghi sono finiti nel fiume Doce, inquinando le falde idriche e i terreni circostanti, prima di sfociare nell’oceano Atlantico. Almeno 1.200 sono rimaste senza casa e vivono ancora in costruzioni temporanee, dopo che sono state completamente distrutte 500 costruzioni tra case, scuole, cliniche e ponti.

Le famiglie coinvolte nel più grande disastro ambientale del paese, a un anno di distanza, stanno ancora aspettando che l’azienda responsabile, la Samarco mineração, costruisca dei nuovi villaggi e paghi i risarcimenti per ciò che hanno perso. La Samarco, fondata nel 1977, era piuttosto apprezzata nell’area, perché aveva portato occupazione. Oggi, però, si pensa che l’azienda fosse al corrente dei pericoli legati alle dighe e che i segni di un probabile crollo fossero evidenti, e che ciononostante non abbia preso nessun tipo di precauzione.

L’intero villaggio di Paracatu, come altri, è del colore dell’argilla, e dal fango spuntano libri, giocattoli, banchi di scuola e altri oggetti. Niente sembra cambiato in un anno.

Le foto sono state scattate nell’ottobre del 2016 da Leo Correa, fotografo dell’Associated Press.

pubblicità