I borghi dimenticati dell’Abruzzo
“Sembrava abbandonato, tutto era fermo nel passato”. Era stata questa l’impressione di Daniele Kihlgren quando nel 1999 ha messo piede per la prima volta nel piccolo borgo di Santo Stefano di Sessanio, nel sud dell’Abruzzo, in provincia dell’Aquila. Prima della guerra lì abitavano più di mille persone, mentre quando l’imprenditore italosvedese Kihlgren ci è arrivato, gli abitanti erano solo 108. Durante la prima guerra mondiale la maggior parte dei cittadini si trasferì altrove, per cercare lavoro nelle città o all’estero.
Kihlgren, nel tentativo di riportare vita nella zona, decise di comprare alcune case, che nel 2005 sono state aperte come hotel, con stanze dislocate nel centro del paese. Grazie a questo intervento oggi Santo Stefano di Sessanio non è più un villaggio dimenticato, ma registra almeno 4.300 presenze annue, contro le 900 del 2005. Secondo il sindaco Fabio Santavicca il cambiamento che ha portato il progetto di Kihlgren è tangibile: “Le persone hanno aperto le loro case (ai turisti), affittando stanze e aprendo ristoranti”, racconta.
Santo Stefano di Sessanio è solo uno dei molti villaggi della regione, insieme a Valle Piola e San Silvestro, che sono stati soggetti a una forte diminuzione della popolazione. Il crollo dell’industria tessile in seguito all’avvento dei materiali sintetici, la povertà e i disastri naturali a cui la zona è particolarmente soggetta, sono alcuni dei motivi che hanno causato lo spopolamento dei paesi ai piedi del Gran Sasso.
Le foto sono state scattate il 4 novembre 2016 da Siegfried Modola, fotoreporter italobritannico che vive in Kenya.