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Leningrado, Unione Sovietica, 1987. Nei saloni dell’Ermitage, una bambina riposa sotto un famoso quadro del Canaletto, L’arrivo dell’ambasciatore francese a Venezia. (Mauro Galligani)
Porto di Durazzo, Albania, 1992. Dopo cinquant’anni di chiusura si aprono i cancelli dell’Albania. È l’inizio di un esodo: la meta è l’Italia. Dai primi mesi del 1991 sbarcano nel porto di Brindisi almeno 30mila albanesi. Tanti vengono rimpatriati. Nella foto, un uomo abbraccia il fratello, arrivato da una di queste navi che li riportano indietro. (Mauro Galligani)
N’djamena, Ciad, 1986. Donne e bambini in fila per la vaccinazione. Dopo 15 anni di guerra, il Ciad è uno dei paesi più poveri al mondo. Per contrastare la povertà, negli anni ottanta l’Unicef promuove una campagna di profilassi contro le malattie infettive. (Mauro Galligani)
Scardovari, Rovigo, 1976. Il delta del Po è un luogo fatato, di acque e di nebbie, dove nei bar i pescatori raccontano di impossibili trofei e nascondono la paura di nuove alluvioni. Accompagnamento musicale ai sogni e alle partite a scopa, le canzoni di Alberto Morosini, detto Berto el mato. La sua chitarra, una padella. (Mauro Galligani)
Tirana, Albania, 1990. Ultimi mesi di fedeltà al regime. In piazza Scanderberg, padre e figlio salutano, con una carezza e il pugno chiuso, l’immensa statua di Enver Hoxha, leader dell’Albania dal 1945 al 1985 e massimo cultore dello stalinismo. Il 9 dicembre 1990 una manifestazione di studenti marcia verso l’università di Tirana: è la fine della dittatura. Il 21 febbraio 1991, sotto la spinta di migliaia di manifestanti, la statua di Hoxha viene abbattuta. (Mauro Galligani)
Città del Messico, Messico, 1970. Pelè esulta per la vittoria sull’Italia nella finale della coppa Rimet. I brasiliani, aggiudicandosi per la terza volta la coppa, ne prendono definitivo possesso. Al suo posto viene assegnata, a partire dal mondiale successivo (ospitato dalla Germania Ovest nel 1974), la coppa del mondo Fifa. (Mauro Galligani)
Sarajevo, Bosnia, 1992. È uno degli incroci più pericolosi di Sarajevo quello di fronte all’edificio che ospita la Croce rossa. È’ un muro scheggiato dai colpi dei cecchini serbi che sparano dalla collina sulla città. Un tratto di strada scoperto, una via obbligata per andare al lavoro o al mercato. Tutti corrono, tranne uno, più indifferente degli altri, così saturo di violenza e di angoscia da camminare tranquillo, camicia bianca, capelli pettinati, una borsa in mano. (Mauro Galligani)
San Patrignano, 1994. Nel reparto malattie infettive, Sabrina riceve l’assistenza di sua sorella. Prima che fosse costruito il centro medico, i malati erano ricoverati in una casa colonica. (Mauro Galligani)
Karambo, Burundi, 1995. Guerra etnica in Africa. Bernadette Cishahayo, su una rudimentale barella, circondata da persone della sua tribù. Questa donna hutu, in gravidanza avanzata, è stata picchiata dai soldati tutsi. Sanguinante, è rimasta nascosta nella foresta per una settimana. Poi ha partorito un bimbo prematuro. (Mauro Galligani)
Mosca, Russia, 2005. Bellezza, vanità ed eleganza sono quelle di Nijinsky. A riportare in vita il principe e l’ambasciatore folle del balletto russo è Nikolaj Tsiskaridze, 32 anni, georgiano di Tiblisi, allievo della scuola del Bolshoi all’età di 14 anni, oggi primo ballerino. Nel 2001 è il talento più giovane a ricevere il titolo di Artista del popolo russo e insieme il premio di stato della Federazione russa. I fan preferiscono ricordarlo con un titolo più semplice: Narciso. (Mauro Galligani)
Afghanistan, 2012. Nella luce dell’alba, sull’avamposto Chroma 1, due bersaglieri dell’8° reggimento della brigata Garibaldi controllano le alture della regione di Badghis, al confine con il Turkmenistan. Comincia così, con il vento che fa sventolare la bandiera italiana e solleva la polvere, la giornata in uno dei tanti avamposti che proteggono la Forward operating base (Fob) di Bala Murghab. Alla missione partecipano 4.200 militari italiani, tra cui 350 donne. Tra i loro compiti, garantire la sicurezza, sostenere il processo di ricostruzione e sviluppo, formare i quadri dell’esercito afgano. (Mauro Galligani)
Mosca, Unione Sovietica, 1987. Un gigante sospeso sulle acque della Moscova. È un tuffatore sotto gli occhi sorridenti della moglie. È l’Unione Sovietica nella sua grandezza geografica. Ma è soprattutto un paese che ha sconvolto la storia del novecento e che, settant’anni dopo la rivoluzione d’ottobre e a pochi mesi dall’inizio della perestrojka, sta cercando un nuovo equilibrio. (Mauro Galligani)

Alla luce dei fatti

Mauro Galligani è uno dei più importanti fotogiornalisti italiani. Dall’8 aprile il Cifa, Centro italiano per la fotografia d’autore di Bibbiena, gli dedica una retrospettiva che ripercorre gli eventi politici, sociali e di costume che hanno fatto la storia a partire dagli anni settanta.

Galligani nasce nel 1940 a Farnetella, in provincia di Siena. A Roma studia come direttore della fotografia alla Scuola di cinematografia dove, affascinato dal cinema neorealista, comprende l’importanza del racconto per immagini. Galligani ama definirsi prima di tutto un giornalista, la fotografia è solo un mezzo per esprimersi e raccontare la realtà: “I miei modelli di riferimento vengono dal giornalismo scritto. Non sono mai andato a fotografare le bellezze o i drammi del mondo per fare l’eroe o per vincere un premio fotografico. Ho sempre cercato di svolgere il mio lavoro cogliendo aspetti e particolari della realtà che avevo di fronte, per dare la possibilità al lettore di rendersi conto di ciò che stava accadendo.”

Nel 1964 entra a far parte della redazione del quotidiano Il Giorno, un’esperienza che insieme agli studi di cinema completa la sua formazione da fotogiornalista. Nel 1975 diventa uno dei fotografi di Epoca, dove rimane fino alla chiusura nel 1997; in questi anni ha l’occasione anche di ricoprire il ruolo di photo editor per il settimanale. All’estero, Galligani ha collaborato per molti anni con la popolare rivista statunitense Life.

La retrospettiva Alla luce dei fatti sarà aperta fino al 4 giugno.

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