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Francesca, 51 anni, lavora nel settore sanitario. La sua transizione da maschio a femmina è durata solo due anni, e ora è in attesa dei documenti con il nuovo nome. “Ho fatto tanta terapia e preso tante medicine, ma non mi hanno aiutato”, racconta Francesca. “Quando ho capito di volere diventare donna ho lasciato il lavoro, venduto il mio appartamento a Bolzano e sono tornata a vivere a Belluno da mia madre. Mi sono sottoposta a varie operazioni per il viso e per il seno a Padova, ma sono andata a Bangkok per la ricostruzione dei genitali. Se avessi fatto tutto in Italia avrei impiegato troppo tempo”. (Fabrizio Giraldi)
Francesca ha buttato molte vecchie foto che la ritraevano. Questa è una delle poche sopravvissute e si trova a casa di sua madre: risale agli anni novanta. (Fabrizio Giraldi)
Cesare, 26 anni, studente di medicina. “Da bambino fai davvero molta fatica a identificarti con quello che ti viene imposto di fare, il modo di vestire, i giochi. Io ero la bambina con i capelli corti che faceva a botte, voleva giocare a calcio. A 17 anni sono stato cacciato di casa perché volevo cambiare la mia identità. Ho cominciato la terapia ormonale il primo giorno dei miei 18 anni. Nel 2010 ho concluso le mie operazioni, dopo cinque mesi sono stati aggiornati i miei documenti. Ancora oggi sono il più giovane Ftm (Female to male) in Italia. Vorrei laurearmi in medicina, proseguire con la specialistica in chirurgia generale, in ginecologia o ostetricia, per operare persone come me. La missione di un medico è curare le persone, io vorrei che la mia sala operatoria sia a tutti gli effetti una camera di rinascita”. (Fabrizio Giraldi)
In casa Cesare ha due album della sua infanzia, questa è l’immagine che ha scelto. (Fabrizio Giraldi)
Dana, 33 anni, operatrice esterna in una centrale elettrica. “Fin da piccola mi identificavo in una ragazza. Mi sono sempre sentita me stessa, ma tutti mi prendevano in giro e mio padre si infuriava e mi urlava: ‘Tu non sei una ragazza! Comportati da maschio!’. Mio padre aveva molti pregiudizi anche con gli omosessuali, non li considerava persone. Avevo paura di affrontare la sua reazione”. E aggiunge: “Nel 2010 ho fatto un viaggio di un mese in Giappone. Stare da sola mi aveva fatto bene. Quattro anni fa sono andata a vivere da sola e ho cominciato la terapia ormonale. Finalmente non mi devo più nascondere, ora mi sembra tutto naturale”. Dana completerà la sua transizione in una clinica in Thailandia. (Fabrizio Giraldi)
Dana in casa ha alcuni album della sua infanzia vissuta a Parigi. Nella foto, un ritratto di quando aveva due anni. (Fabrizio Giraldi)

Sono come sono

Nel 2014 l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali ha condotto uno studio per capire in quali paesi europei i transgender sono maggiormente discriminati. Uno di questi è l’Italia, in cui il percorso di transizione è ancora lungo e faticoso.

A partire da questi dati, il fotografo Fabrizio Giraldi ha realizzato il progetto I am, che raccoglie i ritratti e le storie di chi ha deciso di compiere questo passo. Scegliendo la forma del dittico, Giraldi ha messo accanto le foto di oggi, dopo i trattamenti a cui si sono sottoposti, con le foto di archivio, scelte dai protagonisti stessi per mostrare la loro vecchia identità. “A ognuno ho chiesto di portare una foto di loro prima della transizione”, racconta l’autore. “Molte le foto buttate, ne restano poche”. I am è la testimonianza importante di una realtà ignorata o derisa ancora da molti e vuole aiutare coloro che hanno difficoltà a relazionarsi con il corpo in cui vivono.

I am è stato realizzato grazie al contributo del circolo di cultura omosessuale Mario Mieli e Roma pride, e sarà esposto nella galleria Roam photography fino al 28 giugno. L’evento fa parte del festival Fotoleggendo che inaugurerà il 16 giugno con mostre, workshop, incontri e letture portfolio nello Spazio factory La Pelanda del museo Macro di Roma.

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